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Passione e sintonia
I “saggi e ricordi” raccolti nel libro di Emerico Giachery
“Passione e sintonia” potrebbero essere intesi come una
campionatura di memorabilia di un percorso critico intenso appassionato.
Un tracciato, quindi, da osservare con lo sguardo rivolto alle spalle, a
coronamento di una costellazione di studi e approfondimenti che hanno segnato la
carriera del critico.
A smentire questa “natura morta” della panoramica fornita, e a
favore della configurazione di un paesaggio vivente, sta la concezione della
critica intesa come assunzione di consapevolezza, che per sua natura, sarà
sempre in via di aggiornamento. Il richiamo alla filologia come cardine
interpretativo, infatti, fa sì che ciascun testo esprima se stesso
continuamente, in relazione all’esperienza personale e al contesto in cui di
volta in volta sarà inserito.
Ecco che, richiamando alcuni dei maggiori fulcri di interesse
della propria analisi, il critico rinnova ancora suggestioni e suggerimenti per
ulteriori interpretazioni. Dalla partecipazione etica di Verga alla apertura
formale di D’Annunzio. Dal francescanesimo nella scrittura di Pascoli (in
particolare nel poemetto Paulo Uccello), ai retaggi del copernicanesimo
nella produzione, non solo con riferimento allo Zibaldone, di Leopardi. E ancora
l’interpretazione di “bella biografia” invocata di Ungaretti (dove bello è
sinonimo di vissuto, appassionato), il tanto frequentato Montale (in verità nel
più riepilogativo degli scritti raccolti nel volume), la trama dei rapporti di
Carducci con i propri affetti femminili sino ad un sentimento europeista
ante-litteram di Mario Pomilio e alla testimonianza di un’esperienza tanto
appartata quanto folgorante e innovativa come quella di Pizzuto.
Giachery non vive il passato e nel passato dei propri
interesse, ma fornisce una mappatura su cui pianificare altri viaggi, in parte
già iniziati, in parte soltanto progettati (come nel caso del rapporto tra la
civiltà delle macchine e la scrittura).
Un invito, quindi, a riprendere sempre il cammino, nella
convinzione che la forza di un testo sia riposta nella sua “esecuzione” e nella
capacità continua di costituire senso, rinnovato ad ogni lettura. Un approccio
attualissimo, lontano dalla definizione storiografica, che conferma la presenza
di Giachery come una delle più trasversali e originali della migliore scuola
italianistica.
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Recensione |
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