La scrittura
teatrale di Liliana Ugolini si pone come incontro sperimentale e originalissimo
tra parola e scena, in cui la rappresentazione non soverchia l'espressione
letteraria ma anzi la definisce come proprio elemento peculiare, a differenza di
molte esperienze del teatro di ricerca attuale.
In questa
raccolta di testi si assiste ad una dimensione artistica che sebbene esplori
interazioni efficaci tra testo, musica e ambientazione, non pone al margine il
testo ma anzi lo sottolinea. Complice la
formazione poetica della Ugolini, l'oralità del suo teatro è il fondamento
stesso della scena, costruita e raccolta attorno a simboli (come le marionette)
e ricorsi al mito (inteso soprattutto nella sua versione femminile) che dipanano
un percorso complesso quanto originale, in cui la densità dell'opera genera una
tensione quasi ossessiva nel suo laico e personale misticismo.
L'autrice
rievoca per reintepretare, dunque i personaggi che mette in scena spesso sono
figure emblematiche del teatro tragico (da Medea ad Andromaca) che dialogano con
l'attualità, musica rock e speaker di follie contemporanee, così come le
marionette diventano interlocutrici di coscienza e di concretezza, indagando il
significato stesso del “teatro e il suo doppio”.
Liliana Ugolini
riesce a narrare distribuendo domande e riflessioni, ponendo sulla scena la
stessa genesi del proprio testo, interrogando la propria scrittura e mantenendo
anche nel registro surreale una volontà dialogica e iterattiva che trova
nell'allestimento scenico e in una recitazione asciutta un adeguato complemento.
Il valore forte
di questa raccolta sta proprio in una estrema tensione letteraria che non si fa
mai soverchiare dall'esasperazione della rappresentazione, offrendo così una
fluidità espressiva che riesce a definirsi nella sua completezza anche
attraverso la sola lettura dell'opera, senza nessun supporto visivo.
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