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E' divenuto
proverbiale l'aneddoto secondo cui ai marinai di Franceschiello (Francesco
II, ultimo monarca di Napoli), presi alla sprovvista da ispezioni
improvvise, veniva impartito l'ordine di "fare ammuina", ossia simulare
massicce esercitazioni di bordo, onde far credere ai funzionari incaricati
dei controlli d'essere ben svegli e perfettamente addestrati. Sandro
Gros-Pietro nella Prefazione rimarca come trattasi d'un "falso storico"
escogitato dalle alte gerarchie sabaude per screditare l'esercito borbonico.
Una diceria "che fa il paio con quell'altra presunta strategia adottata dai
fanti per sbaragliare gli avversari: Facite a' faccia feroce.
Rossano Onano
gioca su quest'elemento del "falso storico", ossia della "finzione", per
evidenziare gli assurdi e turpi controsensi che si celano dietro gli
ordinari riti quotidiani, palesi e nascosti, che avvolgono e mascherano il
pattume carnascialesco degli uomini. Sono impalcature di sabbia e argilla
destinate a crollare da un momento all'altro, epperò senza mai svelare la
loro vera natura fraudolenta e infingarda perché prontamente sostituite da
nuovi castelli di menzogne e inganni, in un gioco senza fine.
La storia dell'umanità si trascina miseramente, da sempre, lungo catene
ininterrotte di infamie che sembrerebbero non lasciare spazio alla lealtà e
alla rettitudine. Rossano Onano beffeggia con implacabile arguzia e lucidità
di analisi alcuni episodi di cronaca spicciola balordamente amplificati dai
media. La sua analisi, tuttavia, non si ferma qui. Traendo spunto da
ingegnose reminiscenze analogiche, il poeta ricollega le imperanti banalità
degli attuali gossip a vicende più o meno similari del passato — recente o
lontano, — col proposito di individuare quel comune denominatore di ottusità
e perfidia su cui poggiano i falsi miti prodotti dalla cultura dominante.
Accanto ai personaggi spuntano le situazioni, meschine o solenni (Il famoso
intellettuale sopravvive al naufragio del bastimento; Tonino Guerra ascolta
gli spunti di Federico Fellini e scrive una sceneggiatura praticamente di
testa sua) e i concetti, bizzarri o eclatanti (C'è differenza fra il ragù e
la carne con la pommarola; I premi di Poesia propongono luoghi di difficile
frequentazione). Tutto è ridotto in poltiglia eppure meticolosamente
inventariato, come se si trattasse di reperti preziosissimi, dei quali
occorra individuare la genesi occulta e risolvere ogni enigma esegetico.
I "quadri" delle rappresentazioni si susseguono febbrilmente spediti epperò
sfumati, come i negativi di fragili e diafani dagherrotipi. Sono minutaglie
di storie mai ibride o spurie, al contrario straordinariamente eloquenti
nella loro disordinata frammentarietà: dal chiaroscuro spezzettato di "occhi
maligni" e "sorrisi obliqui" si stacca perfettamente il dramma della
dissoluzione e del disfacimento del mondo. Più che fantocci o manichini, i
figuranti di queste caricaturali descrizioni ci appaiono come relitti umani
snervati e spettrali, penosamente insignificanti. E' un dramma e non una
tragedia, perché Onano nutre una fede illimitata nella potenza della
ragione. L'autore è convinto che le sue ironiche staffilate — come quelle di
altri intellettuali impegnati nella ricerca di schegge disperse qua e là —
possano servire a restituire all'uomo "un conato di sopravvivenza" e forse
di speranza, inculcando nelle coscienze la capacità di dissacrare, se
necessario profanando i "sepolcri imbiancati" dell'ingiustizia e della
menzogna.
Un'ultima
considerazione. Se è impossibile ricostruire i cocci di quelle decorazioni
musive, significa che l'umanità dovrà sforzarsi, domani, di erigere una
società nuova, una civiltà nuova. Non dal nulla, naturalmente: come la
calata dei barbari lascio soltanto rovine, ma grazie a quelle macerie poté
rinascere la civiltà occidentale, così gli attuali rottami e detriti
dovranno servire da monito per rimettere in moto, in qualche modo, la
macchina del sapere e del progresso. N si creda l'impresa eccessivamente
proibitiva, se è vero ciò che scrisse il profeta delle "due culture",
Leonardo Sinisgalli: "Le rovine di
questa guerra faranno crescere molte colline intorno alle città. E' più
facile disfarsi dei cadaveri che delle macerie." (Furor mathematicus,1950).
Rossano Onano è consapevole della necessità di dare un senso compiuto, una
svolta positiva alla sua vibrante querelle. Per questo, sul finire della
raccolta sembra attenuare i toni della sua satira corrosiva e a tratti
sprezzante. Si fanno strada nuove considerazioni, nuove aspettative sotto
forma di dubbi, di interrogativi crudi ed essenziali "perché la storia
continui". Così dev'essere, giacché "nell'avamposto perduto" c'è chi coltiva
ancora il sapore e il valore inalienabile del "giorno della memoria". Siamo
all'anno zero, ma l'"arca del tempo" seguiterà ad essere preservata finché
qualcuno sarà capace di pensare, desiderare, chiedere... Che "nessuno
confonda | la colomba con questi corvi atroci".
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Recensione |
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