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Il numero 94 del Quaderno letterario "Il
Croco", supplemento a "Pomezia-Notizie" dell’ottobre 2010, è dedicato a L’anima e
il lago, il poemetto col quale Giorgina Busca Gernetti, già docente di Lettere
al Liceo Classico di Gallarate e in possesso di un ricco curriculum
poetico, ha vinto il Premio Città di Pomezia 2010 nella Sezione Silloge
inedita.
Si tratta di tredici componimenti densi
di pathos e di nostalgia, dal linguaggio raffinato ed elegante, e dal
tono quasi febbrile e allucinato. Tredici poesie ambientate sulle rive e nelle
acque, generalmente gelide e grigie, di un lago, nello strazio mai sopito per il
proprio padre, mai conosciuto perché caduto, trentenne, in una battaglia aerea,
quando Giorgina era ancora nel grembo della mamma.
Illuminanti e acute sono la
presentazione di Giuseppe Panella e la postfazione di Domenico
Defelice, che aiutano il lettore ad interpretare correttamente il rapporto
febbrilmente doloroso tra l’anima e l’Ombra, tra la figlia che da
una vita rimpiange l’affetto del proprio padre, che la stolida crudeltà della
guerra le ha impedito di conoscere, e l’Ombra del padre che, oppressa dal
dolore, non riesce a ritornare alla luce del sole, al di qua del cancello di
ferro che impietosamente si frappone fra il mondo dei viventi e quello di un
eventuale “Oltre”, tra gli uomini e il Mistero insondabile di un immaginato
Aldilà.
La sorte che incombe è “tragica”, il
futuro è “muto” e “impenetrabile”, il lago è “oscuro di morte”. Un vecchio
interroga le “rune” scagliandole nel lago, ma non ci sono rune che tengano: ...
L’acqua livida | avida inghiotte le pietre; | lenti s’allargano cerchi.
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Vana la magia delle rune. | Silenzio d’abisso | nel vuoto irreale dell’anima.
Il pessimismo è dominante in questo
poemetto bello e affascinante. Ma è un pessimismo che non può comunque impedire
al lettore di intravedere, come in controluce, la capacità della poetessa Busca
Gernetti di evocare, come appare nell’ultima lirica, immagini di vita felice
(anche se passeggera) e radiosa (anche se sotto la minaccia incombente delle
ombre notturne).
Il lago, generalmente grigio e
traditore, infatti, qui ci appare azzurro, e freme per la brezza | che
ricama ed increspa | la sua lucente seta sotto i raggi | d’un sole d’oro.
Le vele sono candide come i cigni dal
collo flessuoso, sole e lago luce e serenità donano all’animo | libero
da inquietudine... Ma il pessimismo, ahimè, non può non riprendere il
sopravvento, perché all’infelicità della figlia privata dell’affetto del padre
non c’è alcun rimedio, almeno nella cruda logica di questo mondo terreno:
“. . .
Ma lo spirito errante senza
pace
nella
profondità buia del lago
più non gode di questa viva
luce
del sole, della serica,
increspata
superficie dell’acqua
luminosa, invitante,
serenante
solo per i viventi.
E se dal fondo lo spirito
emerge
la luce pare opaca, pare
spegnersi”.
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Recensione |
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