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In una lettera al Bononi, scritta dall'autore
e riportata nel suo prezioso libro La vita che dà barlumi, Emerico Giachery così auspicava: "e che ci sia spazio,
meditazione, respiro, lontananze, impeti e tenerezze di stagioni, dialogo,
monologo, musica, malinconia, sede della parola autentica, nostalgia di durata,
brama metafisica che dà ala a sogno d'ala, al guazzabuglio umano e una tregua
dei frastuoni". Emerico Giachery, nel suo volumetto, dona al lettore tutto
questo, sia che si soffermi a parlare del poeta Caramella, creatore in Firenze
della Fondazione "Il Fiore", sia che evochi i suoi "paesi dell'anima",
artistici plastici o pittorici, storie di angeli "tra vecchi libri e ricordi"
e il grande cinema. La musica che sottintende a ogni parola è pur sempre grande
musica. Scrive Giachery: "se dovessi condensare in un motto il mio quasi
cinquantennale lavoro di interprete di testi poetici, il succo di una vita
nutrita di incontri con capolavori letterari, musicali, figurativi, filmici, con
tante avvincenti epifanie di città storiche e di paesaggi, sceglierei questo
verso di Leonardo Sinisgalli: Conosco il bene di tanta bellezza".
Nell'attuale momento storico, libri come questi sono essenziali ad irrorare
deserti, a colmare baratri incombenti sull'orrore. La narrazione procede
sommessa, quasi in punta di piedi, anzi à pas de deux, per citare
un'altra opera di questo insigne letterato, poiché l'amore-condivisione per la
consorte Noemi, vi traspare nella levità di un affetto cosmico. Emerico Giachery
oltre ad avere insegnato letteratura in Università italiane e straniere e
pubblicato una ventina di libri di grandi autori italiani tra '800 e '900, ha
stilato un interessante saggio sull'interpretazione dei sogni e un volume sugli
incontri letterari della sua vita: Letteratura come amicizia.
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Recensione |
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