| |
Gaetano
Forno,
veneziano (1943) non è nuovo alla poesia. la lunga frequentazione conferisce ai
versi agilità e leggerezza. Nella nuova raccolta Castelli di Solitudine,
pubblicata dalle Edizioni del Leone, il tema dominante resta l’amore.
Questo gode di una singolare ambivalenza: da una parte è caratterizzato da
ardore terreno, “…lampi | di labbra carnose” (p.68), dall’altra in modo
intenso e sentito sfocia in fantasiose evanescenze, ricche di fascino,
“castelli di sogni”. Però in ogni aspetto domina la consapevolezza della
fragilità del rapporto e dell’essere, della ineluttabilità della rovina ed il
senso della fine, “Crollerà il castello dei miei sogni | come sabbia nel mare
| e inghiottirà l’abisso i miei pensieri” (p. 45). Allora la vita è vista
nella sua completezza del fluire ininterrotto e nello stesso tempo nella sua
desolata nudità esistenziale. “Nessuna | più | si ferma | sul treno dei miei
giorni” (p. 35). Credo che quest’ultimo aspetto della poesia di Gaetano
Forno sia quello più congeniale e più felice nella esternazione dei sentimenti.
Nel corso del libretto mi pare che ci sia una sostanziale
evoluzione nella versificazione. La prima parte mi pare appesantita nelle
composizioni dialettali o straniere, invece, man mano che si procede nella
seconda parte, si avverte un sicuro dominio nel costruire i versi o meglio
snellirli in un’agilità febbrile. Il fenomeno è facilmente controllabile anche
visivamente, se si guarda ai versi brevi e brevissimi dell’ultima parte. Si
avverte subito che nel poeta c’è stato un bisogno radicale di cambiamento.
| |
 |
Recensione |
|