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Voglia di leggere e di guardare

Il libro Voglia di leggere e di guardare di Vittoria Corti è costituito da una serie di articoli storico-letterari ed artistici che riportano alla memoria del lettore e dello studioso appassionato, autori, filosofi e pittori noti e meno noti sul filo conduttore dell’entusiasmo vitale dello scrivere e del fare arte. La Corti mette in evidenza l’anticonformismo e la genialità dell’artista animato da quella forza interiore che dirompe e spezza le catene del falso perbenismo e dell’avvilente provincialismo. Non a caso il primo articolo dell’opera è uno studio sul terzo dialogo morale de Degli eroici furori dell’apocalittico Giordano Bruno, l’uomo in cammino verso la verità, il sostenitore dell’autonomia mentale, guidato, appunto, dall’eroico furore ossia “dall’entusiasmo che anima colui che vuole - assolutamente vuole - essere sé stesso. Il furore è il Dio agitatore che ogni uomo geniale porta in petto”.

Da Giordano Bruno l’autrice passa ad analizzare quel furore che in Arthur Schopenauer diventa volontà, “la scintilla divina che anima tutto ciò che esiste”. Solo l’uomo che riesce a seguire la propria volontà e quindi la propria rappresentazione del mondo, può dire di essere veramente sé stesso e quindi trovare una forma originale di espressione ossia uno stile che darà gloria all’opera nel tempo. Quello stesso stile che caratterizza i lavori di un giovanissimo Stendhal in viaggio in Italia “divorato dalla sensibilità, timido, fiero e scontento”, amato a dismisura da un intellettuale semi-sconosciuto come Paul Léauteaud autore di un Giornale Letterario in 19 volumi. In questa immensa opera, si condensano racconti di vita reale e vissuta nella Parigi dei primi del Novecento, recensioni artistiche, le mode e i gusti dell’epoca descritti con quell’occhio sempre critico e vigile, tipico dello scrittore mai sottomesso al potere, sincero e appassionato, cultore della verità anche se come afferma lo stesso Léauteaud “la gente chiama cattiveria la verità”. Tuttavia, gli uomini liberi e coscienti della propria forza “devono fronteggiare l’ostilità del prossimo: la verità partorisce odio” scrive la Corti.

Libertà e autonomia sono le caratteristiche fondamentali di un grande artista come Fernando Pessoa protagonista di molte avanguardie del Novecento come il Futurismo di Tommaso Marinetti (oltre al Saudosismo, il Paulismo, l’Orfismo, il Sensazionismo, l’Intersezionismo), movimento abbracciato, conosciuto e poi abbandonato perché considerato assolutamente antimetafisico dal punto di vista ideologico. Pessoa approfondisce ogni movimento, ogni pensiero, ne trae linfa per un arricchimento continuo, consapevole “della missione terribile e religiosa che ogni uomo geniale riceve da Dio col suo genio”. Ne era già cosciente a soli ventidue anni quando scriveva nel suo Diario: “Ora posseggo completamente le leggi fondamentali dell’arte letteraria. Il mio intelletto ha raggiunto una flessibilità e una capacità tali che mi consentono d’assumere qualunque emozione io desideri”.

Vittoria Corti, in questo saggio, segue la figura dell’intellettuale libero, fiero ed orgoglioso come Piero Jahier da lei stessa stimato e conosciuto personalmente, ma ormai anziano e profondamente cambiato nel 1962. L’autore dei tre libri-verità Ragazzo, Con me e con gli alpini e Gino Bianchi, era ormai diventato un uomo silenzioso, impossibilitato e impotente nel continuare a dar voce “a ciò che gli premeva dentro”, così come aveva fatto in età giovanile. Eppure le sue opere restano, lasciano il segno nella storia letteraria perché: “la compiutezza è questione di densità e non d’estensione”.

“La sua parola l’ha detta e con forza” scrive la Corti che successivamente passa a delineare la figura di Dino Garrone, morto a Parigi nel 1931 a soli ventisette anni. Di lui si possiede una raccolta di lettere agli amici, un saggio su Verga, ricavato dalla tesi letteraria e alcune prose lirico-narrative; non molto, quindi, ma denso, come scriveva prima la Corti e questo basta a farci intravedere in Garrone una personalità geniale, un critico sincero, convinto che: “I difetti che seccano le fonti della creazione, negli scrittori, sono lo spirito libresco, la scissione dalla vita e la miseria morale. L’aridità d’animo e l’insincerità generano il bizantinismo formale”.

Nell’ultima parte del libro, l’autrice si sofferma sulle vicende che hanno contraddistinto una rivista come “Solaria” creata da Alberto Carocci, Giansiro Ferrata e Leo Ferrero i quali riuscirono, con l’entusiasmo tipico di una gioventù attratta dall’ambizione letteraria, a diffondere il periodico nell’ambiente culturale italiano tra il 1926 e il 1936, con un’apertura agli influssi europei. Tra i protagonisti letterari: Eugenio Montale, Umberto Saba, Salvatore Quasimodo, Italo Svevo, Riccardo Bacchelli e Carlo Emilio Gadda.

Un bellissimo articolo è dedicato alla figura di Ardengo Soffici, scrittore e pittore, “l’animatore che tanto contribuì ad agitar ed a illimpidire le acque stagnanti della vita culturale fiorentina, ed in genere italiana”, il divulgatore giovane ed entusiasta dei fermenti europei avanguardistici, assetato di verità artistica, quella stessa verità, propugnata e difesa, che purtroppo perderà corpo con l’avanzare degli anni tanto che Soffici diventerà “un uomo d’ordine, un personaggio senza ironia e senza spontaneità”. “Del resto, non c’è da stupirsi che il suo periodo pregiato sia durato soltanto 15-20 anni: anche Rimbaud, Van Gogh, Gauguin non ebbero periodi più lunghi. Non resta che far conoscere alle nuove generazioni, e far conoscere bene, il primo Soffici” aggiunge Vittoria Corti intenta ad esplorare e quindi ad approfondire, da autentica conoscitrice ed amante della storia letteraria ed artistica italiana, le biografie e le opere di quegli artisti, spesso sottaciuti nelle antologie, che hanno caratterizzato intensamente il periodo tra le due guerre. Tra i pittori, così, riscopre e rimette in luce, il maggiore degli innovatori degli anni vissuti sotto il fascismo, Ottone Rosai, colui che, lungi dall’essere provinciale, non curava la forma nei suoi dipinti, ma andava direttamente alla sostanza quale sinonimo indiscusso di verità.

In uno stile narrativo e affabulatore, il libro di Vittoria Corti è un piccolo manuale da leggere e conservare come un piccolo tesoro di indiscutibile valore storico-letterario ed artistico.

Recensione
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