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Non lasciate il poeta da solo in campagna : anche se “s’illude d’essere un po’ contadino”, parlerà con gli alberi, si intratterrà con fiori e piante, alla fine dirà ad ognuno “il fatto suo”, dopo averne ricevuto insospettati racconti di vita.

Si tratta di Roberto Pagan, non certamente nuovo alle suggestioni orientali del dire nella forma dell’ipnotico triverso 5-7-5. Haiku cristallini già lampeggiavano nella sezione Micromega poema di haiku de “Il velen dell’argomento” (Edizioni del Giano, ’89) con limpidi flashes sulla natura, e in alcuni incipit (quanto consapevoli?) del più recente “Per linee interne” (Interlibro, ’99):

Tra i fossili perduti il toccasana | d’un iris appisolato sul pendio… (VI );
… o dove il capelvenere | s’innerva sul fossato | ceruleo di verbene…
( IX )

Inconsciamente Pagan ha spesso lasciato che l’innesco alla scrittura poetica fosse acceso dalle sottili presenze della natura, e in quest’ultima raccolta di haiku lo fa scopertamente, accompagnandoci lungo i sentieri della sua sintonia vegetale, capace di rivelare gli impalpabili significati di forme e colori, atteggiamenti e profumi.

E a chi conosce i percorsi di Hanemann e Bach , padri rispettivamente di omeopatia e floriterapia, che quelle percezioni utilizzavano per connotare umane tipologie e formulare terapie plantali o florali, appare evidente, anzi magicamente rivelatore, che l’ascolto delle tenui voci, di vibrazioni da “altri viventi”, sia l’equivalente poetico, assoluto, della percezione, che ha per il poeta – deve averle – le porte sempre aperte.

Così l’immersione nell’ ”anima plantarum” è piena e folgorante, di fronte al Papavero, al Ciliegio, al Melograno:

Maturo è il sole | e ride il melograno | con labbra e denti

E sono voci pure di ironia pungente, come quelle del Cactus, del Kiwi, del Banano, o lampi dall’inconoscibile, come le voci del Leccio, della Quercia, dell’Olivo:

Di cieli azzurri | ha brividi l’olivo | e di stupore

O semplicemente specchi d’umanità, come per la Pervinca, la Mimosa, il Geranio. Certamente Basho annuirebbe convinto, dinanzi alla Rosa:

Non c’è più fiore | di te , rosa, di te | non c’è più spina

Recensione
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