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Alessia e MirtaProtagoniste assolute dell’universo poetico di Raffaele Piazza sono le figure femminili, come Alessia e Mirta, a cui sono dedicate le liriche raccolte nel volume.
Incentrata su situazioni quotidiane, la poesia di Piazza è quasi una sorta di diario intimo – come giustamente osserva Valeria Serofilli nella prefazione al testo – ricco di annotazioni, anche temporali, di luoghi e momenti vissuti che fotografano un’età irripetibile, colta nei dettagli: le prime esperienze intime, i timori, gli interrogativi (“mi lascerà?”), i divertimenti, i viaggi. Elemento costante nelle poesie dedicate ad Alessia è l’Eros, vissuto come scoperta ed espressione del sentimento amoroso che lega la ragazza a Giovanni. C’è un continuo slittare dal piano della realtà a quello del sogno, per cui, nell’avvertire l’eco del suicidio di Mirta, il tono nostalgico prevale su quello tragico. 1) Alessia e Mirta si possono considerare le due anime della tua poesia. Benché un numero esiguo di liriche sia dedicato a Mirta, lei è sempre presente nei tuoi versi, come un ricordo del passato che, nell’affiorare, rappresenta una ferita sempre aperta. Con Alessia, invece, ho avuto l’impressione che tu abbia attinto alla fantasia, creando una figura immaginaria che, pur crescendo come in un romanzo di formazione, potrebbe non essere mai esistita. Che puoi dire a riguardo? Sono stato il migliore amico di Mirta, architetto e ballerina di flamenco, morta suicida nel 2017 a 44 anni. Mirta, donna bellissima, era un libro aperto per me, nello schiudersi di quel fiore rarissimo che è l’amicizia uomo-donna. Anche in vita Mirta è stata ispiratrice di mie poesie non contenute nella raccolta. La ferita come tu dici rimane sempre aperta per le circostanze tristissime della sua fine. Le telefonai e Mirta disse che era sul cornicione al terzo piano della Reggia di Caserta e che si stava per gettare nel vuoto. Poi la telefonata finì e lei davvero si buttò e morì sul colpo quando il giorno precedente avevo pranzato a casa sua in un’atmosfera di letizia che mai avrebbe fatto presagire il suo gesto. Un critico ha paragonato il mio rivolgermi a Mirta morta in poesia a quello di Montale nel rivolgersi alla moglie scomparsa anche per il mio aggrapparmi a cose che Mirta mi donò come un pacchetto o un foglio dove lei aveva scritto il suo indirizzo e-mail. Tali cose divengono correlativi oggettivi del dono come forma di amicizia. Alessia è anche per me un mistero e sono circa 20 anni che scrivo poesie su Alessia adolescente bella e affascinante, sensuale e mistica. Si è sempre quello che si scrive e Flaubert diceva che era lui Madame Bovary come io potrei affermare che Alessia sono io. Alessia, dunque, è da intendersi sia come personaggio di fantasia che proiezione di me stesso, creatura che diviene persona nell’attimo in cui conosce l’amore corrisposto. Forse potrebbe essere anche il ricordo di un mio amore giovanile per una Alessia che non ho dimenticato. 2) Usi il linguaggio dei colori per descrivere degli spaccati esistenziali (azzurrità, adolescenza tintadifragola, attimi rosapesca) avvalendoti di una forma quasi sperimentale, tra il linguaggio parlato e quello aulico. Quali sono i poeti che senti più vicini e che hanno maggiormente inciso sulla tua formazione? Sicuramente Montale e Ungaretti. Montale che si rivolgeva a Clizia, alla Mosca e alla Volpe come io mi relaziono a Mirta e Alessia. Forse Alessia ha per me qualcosa della Laura petrarchesca. L’eterno femminino di Goethe e le ragazze sono sempre state per me muse ispiratrici e la mia prima poesia fu generata da un innamoramento a 15 anni. Ho amato Ungaretti leggendolo e rileggendolo con stupore. I miei primi versi sono decisamente ungarettiani. Un altro poeta che mi ha formato è stato Camillo Pennati da cui ho attinto il vocabolo azzurrità che tu citi. Tornando a Montale, posso dire che il male di vivere può essere guarito solo dalla poesia stessa e che aveva ragione nello scrivere che è sempre tutto da ricominciare. |
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