Due passi all’inferno, con un occhio al paradiso
In questo interessante romanzo, diviso in due segmenti narrativi, un uomo
ripercorre la propria esistenza, sull’onda dei ricordi e di uno stato d’animo
dolente.
Nella prima parte, in cui le situazioni scivolano spesso nel grottesco, il
protagonista si sofferma sulle proprie disavventure amorose con varie tipologie
di donne – dalla sfruttatrice a quella già impegnata, dalla lunatica alla
traditrice incallita – da lui incontrate nei luoghi più disparati (dai
supermercati ai cimiteri).
Il suo voler evitare a tutti i costi un coinvolgimento affettivo lo spinge alla
fuga, con cui tenta di placare l’ansia suscitata da relazioni che non è in grado
di controllare né di gestire.
Il meccanismo con cui è riattivato il ricordo, sebbene possa risultare alla
lunga un po’ ripetitivo, consente all’io narrante di crogiolarsi nella
solitudine che caratterizza la sua condizione abituale.
Nelle parentesi oniriche – efficaci in quanto consentono alla fantasia dello
scrittore di esprimersi liberamente, facendo mutare di continuo forma al suo
protagonista che assume altre sembianze, anche animalesche - si rivela la
personalità dell’io narrante, animato da propositi di vendetta nei confronti
delle sue amanti passeggere.
La seconda parte, che si risolve in una meditazione sulla vecchiaia e sulla
morte, approda a un epilogo così spiazzante da indurre a rileggere l’intera
vicenda da un’altra angolazione.
Persino il vagheggiare altre dimensioni – l’Inferno/il Paradiso – non va preso
troppo sul serio e, se da un lato sancisce la definitiva vittoria del sogno e
dell’immaginazione sulla realtà, traducendosi nella conquista di una libertà
assoluta, dall’altro va inteso come l’ennesimo sberleffo di un Autore
provocatorio che riflette sul significato dell’esistenza senza rinunciare
all’ironia.
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