I segreti della diplomazia veneziana.
Accordi e trattati internazionali dagli
archivi della Serenissima
Misteriosa e affascinante, Venezia è stata in passato la regina della
diplomazia, distinguendosi per la prudenza nel gestire le pubbliche relazioni.
In questo saggio divulgativo il giornalista Gian Nicola Pittalis ricostruisce il
volto della Serenissima attraverso i ritratti di sette ambasciatori, abilissimi
nel condurre negoziati con sovrani capricciosi e intransigenti, a stringere
alleanze e a dirimere controversie.
All’attività di questi diplomatici, capaci di inviare dispacci anche nelle
situazioni più avverse, Venezia deve, almeno in parte, il successo nel commercio
e il potere acquisito nel corso dei secoli.
Di ceto abbiente, gli ambasciatori erano uomini dotati di autocontrollo e di una
vasta cultura e, in quanto rappresentanti della città, dovevano essere disposti
a fare tutto ciò che veniva loro chiesto, anche la spia.
Non potevano accettare cariche da parte di sovrani stranieri senza essere stati
autorizzati dal governo veneziano, pena la rimozione dall’incarico, come accadde
alla fine del Quattrocento a Ermolao Barbaro il Giovane.
I personaggi tratteggiati hanno avuto una vita avventurosa, persino libertina (è
il caso di Antonio Foscarini, condannato, ucciso e riabilitato nel 1623) ma
hanno pagato a caro prezzo i vantaggi derivanti dalla loro posizione sociale,
come Girolamo Lippomano, accusato di tradimento e deceduto in circostanze non
del tutto chiarite.
Pittalis si sofferma sulle relazioni scritte degli ambasciatori, documenti la
cui segretezza richiedeva talvolta un linguaggio cifrato e così ricchi di
informazioni e notizie da poter essere paragonati alle moderne guide turistiche.
Notevole per l’apparato iconografico, il testo è sorretto da una prosa vivace,
dal ritmo incalzante che proietta subito il lettore nel clima convulso del
tempo, caratterizzato da attentati, delazioni, processi, scontri tra Stato e
Chiesa perché non di rado Venezia dovette difendere la propria autonomia dalle
ingerenze del Papato e se ci riuscì fu anche grazie alla mediazione di
ambasciatori come Leonardo Donà, eletto Doge e nominato Cavaliere di San Marco.
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