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La regina incompiuta. Racconti 1968-1969 / 2014

La paura e, al tempo stesso, il fascino dell’ignoto sono una costante nella produzione narrativa di Luciano Nanni che rielabora i principali tòpoi della narrativa fantastica e li fa propri in una sintesi personalissima.

C’è una continuità di stile e tematiche anche nella raccolta “La regina incompiuta”, che riunisce i racconti realizzati dalla fine degli anni sessanta fino al 2014. A parte alcuni bozzetti di carattere realistico incentrati su figure femminili (“Le vacanze di Maria” e l’incompiuto “La signora C.”), le vicende narrate mostrano una predilezione per il mostruoso che si manifesta nel mondo onirico. Nei sogni i personaggi creati dallo scrittore bolognese sfogano gli impulsi repressi e giungono a un’estasi in cui ogni separazione tra piacere e disgusto è abolita.

Alcune storie scivolano nel macabro come quella dell’alcolizzato che fa scempio del cadavere della moglie amputandogli le mani e la testa, applicati poi al manichino a lei appartenuto (78).

La conoscenza di sé è possibile solo attraverso l’incontro con l’Altro che, in ossequio alla tradizione orrorifica, cela dietro sembianze seducenti una natura diabolica.

L’amore è, in quanto rivolto a esseri di un altro mondo, impossibile: nel racconto “La stanza di lucifero” il protagonista resiste alle provocazioni di Flora, nuda sul suo letto, ma al ritorno, troverà di lei solo l’anello, fabbricato con un materiale sconosciuto.

Spesso l’io narrante è impotente di fronte al fascino di queste creature che, come sirene, lo attirano inesorabilmente e si salva solo in seguito a un aiuto inaspettato (“La regina incompiuta”). In altri casi, il protagonista è impegnato in un duello mentale con l’alterità, da cui sembrerebbe persino uscire vincente se le sue speranze non venissero disattese al risveglio nel mondo reale (“Il satellite”).

Collocata nell’area dell’Appennino tosco-emiliano, la città conserva la sua centralità e il fatto che vi si manifesti in modo casuale e inspiegabile l’arcano la rende un luogo inconoscibile anche a chi vi abita. Essa rappresenta le radici per i protagonisti che vi fanno ritorno da adulti, in un viaggio a ritroso nel tempo che esprime tutta la nostalgia per una giovinezza idealizzata e quindi rimpianta.

Alla meditazione sul Male, rievocato decifrando libri proibiti (“Tre donne”) o attraverso studi oscuri che rischiano di compromettere la precaria salute mentale dei protagonisti (“Satana”), si accompagna la riflessione sul divino, espressa con un distacco che è segno di maturità (“N. on the road”).

La citazione:

“Ma la paura ancora mi prende, c’è come un respiro, non so da quale cella viene, forse dove brilla una piccola luce sopra la porta, che apro lentamente, un raggio cade dentro e vedo l’orrore moribondo, è impossibile descriverlo, un ammasso informe, che pulsa e si gonfia, emanando mostruose bolle, e su questo plasma innominabile una faccia pallida per il lungo restare nel buio, ed è la mia”

Recensione
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