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Sulla legittimità del progresso scientifico si è interrogata spesso la science fiction, mettendo sotto accusa quel razionalismo astratto che disconosce il valore dell’individuo riducendolo allo status di mero oggetto.

E una matrice fantastica è alla base del testo teatrale La soluzione, ingegnoso dramma in tre atti di Antonietta Benagiano: due specie (i TEK ed i SAP) si contendono un pianeta, la Terra, ormai devastato dalle guerre e ridotto ad una discarica. I TEK, evolutisi al punto da potersi riprodurre tramite formule matematiche, abitano in Stati-Piattaforme e monitorano dall’alto gli esseri da cui discendono, costretti a vivere all’interno di cubi e ad assumere di continuo farmaci per apparire giovani e sani.

Della necessità di una soluzione drastica è convinto il PROT, presidente del Direttivo Piattaforme Spaziali, che necessita però del consenso unanime del Congresso per metterla in atto. Su posizioni opposte sono invece sia il TRIT, membro del Direttivo, che il DEKA, Presidente di un’altra Piattaforma, assertori del rispetto dell’esistenza altrui, anche di chi è ritenuto indegno.

Al tempo stesso, sulla Terra due scienziati, una biologa ed un geriatra, discutono dell’opportunità di sopprimere gli animali, malati e condannati all’estinzione in un ambiente esterno a cui possono sopravvivere solo gli insetti. Non essendo stata raggiunta la maggioranza, la “soluzione” non è stata ancora attuata.

Nella successiva riunione del Congresso, le ultime perplessità di DEKA vengono fugate dal PROT che definisce i SAP vittime di un dualismo: essi amano la vita pur soffrendo. Tali contraddizioni sono, invece, in contrasto con la razionalità a cui è ispirato il modo di pensare dei TEK.

Al momento di digitare il tasto che chiuderà definitivamente l’era dei SAP un flusso di immagini remote attraversa la mente del PROT rivelandone la discendenza da coloro che vorrebbe annientare.

Lasciamo al lettore la sorpresa del finale di questo secco ed incisivo monito sulle conseguenze di un uso distorto della scienza come l’uso esasperato della chirurgia plastica per abbattere le barriere del tempo (si vedano le sembianze stravolte dei SAP che si illudono così di ingannare i TEK).

Le soluzioni adottate nei confronti delle specie più deboli – l’eliminazione della disarmonia, qui rappresentata dalla vecchiaia – fanno emergere il timore nascosto che si annida nell’uomo moderno il quale, nel suo delirio di onnipotenza, dopo essersi accanito sulla natura e sugli animali, potrebbe autodistruggersi.

Una nota di speranza pervade la quindicesima opera della Benagiano, efficace esempio di un teatro che affronta questioni scottanti evitando di banalizzarle o di scadere nella retorica.
Recensione
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