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Pensando a Paternò
Affettuoso omaggio di Francesco Alberto Giunta alla sua città
natale, Pensando a Paternò è una raccolta di scritti brevi in cui lo scrittore
riesce ad evitare la trappola dell’autoreferenzialità per soffermarsi su quel
mondo di piccole cose a lui caro.
Sospeso tra narrativa e saggistica, il testo di Giunta coglie il
fascino di figure e mestieri umili quanto raffinati. Ecco l’artigianato
specializzato nella costruzione di carretti artistici decorati riproducenti il
ciclo dei Paladini di Francia, di cui erano maestri gli zii materni, o il Teatro
dei Pupi, la cui tradizione ha riscosso in Sicilia un successo superiore persino
a quello ottenuto in Francia (sebbene le recite siano incentrate su ciclo
cavalleresco e carolingio). In una realtà ancora agricola, circondato da
un’umanità schietta e chiassosa, lo scrittore ha vissuto una giovinezza che
nemmeno la parentesi del secondo conflitto mondiale è riuscita a offuscare.
Queste memorie sono strettamente legate agli eventi del tempo: nel
1943 Paternò venne parzialmente distrutta dalle bombe. Simbolo della tragedia a
cui non poté sottrarsi il diciottenne Giunta è lo spettacolo di donne e uomini
coperti da uno strato di polvere così spesso da renderli candidi e simili a
statue. Da questa “valle di morti”, immersa in un silenzio agghiacciante, il
giovane partì per raggiungere Catania, occupata da truppe straniere.
Furono anni tristi e duri, vissuti con uno spirito di accettazione
che gli consentirà di superare le avversità economiche patite poi negli anni
cinquanta durante gli studi all’estero.
Non sorprende che lo sguardo ammaliato da piazze e stradoni vetusti sia lo
stesso che abbia visitato mezzo mondo. Ricordando con nostalgia la sua Paternò,
il viaggiatore Giunta, stabilitosi definitivamente a Roma, scolpisce il tempo
dell’attesa, proteso alla creazione di un futuro che, su queste radici, è
riuscito sapientemente e non senza sacrifici a costruire.
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Recensione |
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