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L'autore dei poemi
Pavana per una madre defunta e Torbidi
amorosi labirinti con la sua terza raccolta poetica Priaposodomomachia fonda
–
per così dire – una dinastia investigativa e liberatoria che investe la nostra
arida pianura d'amorosi intenti, e la inonda di vaste predestinazioni occulte e
sotterranee. Bisogna precisare che quella di Veniero Scarsella è una
poesia che va oltre i parametri di un paesaggio culturale e di un universo
stilistico che ha, in un certo senso, sistemato – per alcuni secoli – la
concezione del ritmo, dei suoi elementi costitutivi e dei suoi celesti piaceri.
Chiunque volesse andare alla ricerca di moduli rassicuranti
di un pensare e di un dire che ricicli il gesto antico dell'uomo, si troverebbe
in grande difficoltà, sbaglierebbe e andrebbe fuori strada. Soprattutto in
Priaposodomomachia lo scrittore
riprende in mano la leva del comando e rimescola, unisce, incorpora e poi divide
e rigetta dispiegando tutto il globo dell'esistenza; ammette – però – che così
facendo rovina per sempre la possibilità di un risarcimento danni nei confronti
del singolo. E un panorama sconvolto; il lettore, in ogni pagina, deve rifare i
conti con se stesso, incolparsi e discolparsi: la sessualità, l'indigestione di
sessualità, il priapismo, le conseguenze, la condanna, il martellamento su dubbi
e invocazioni non mettono in gioco l'eticità del vissuto. Se possiamo azzardare
una ipotesi, ciò che alletta il poeta non è tanto l'aver preso coscienza che il
Male (come lo chiama lui) e il Bene si contendono il destino dell'uomo e la
priorità della terra, ma il distinguere nettamente i due campi in competizione
drammatica e, quindi, tornando ad un prekantismo che divide, frantuma e
dissangua l'uomo. «...apri una crepa nelle mura indifese | di quel piccolo io animalesco...
| da una
crepa s'apri una voragine | nella giovane mente priapesca, | che forse già
languiva travagliata | dalle brame sull'orlo del precipizio | adesso incatenava i suoi occhi
| sbalorditi un
popolo sotterraneo | di laide capre biforcute e sconci fauni | mal coperti di pelo
che emergevano | dalla fossa impudica del Male».
Versi martellanti, belli, studiati, risolutivi in se stessi della mediazione
etica ma non realizzatori e prosecutori della nobile arte «libertaria», nomenclatura di un
vivere psicosociale che non tiene conto delle divisioni. Moralismo e
manicheismo inducono a qualche riflessione in più. Il post-kantismo ci ha
portato la verginità dionisiaca di Nietzsche e, quindi, la gioia di vivere le proprie esperienze
nella dimensione della purezza solare. E ci ha portato il pensiero
post-sartriano che unisce i due poli bene-male risolvendoli
nell'organismo totale che ama e assolve se stesso nella Forma e nella Struttura.
Indubbiamente le devianze negativizzate dall'incapacità e dalla debolezza vanno capite, t
isolate, curate, esorcizzate.
Ci sembra, inoltre, che il male non sia tutto nell'Eros,
antico o nuovo che sia, un Eros che t si è consumato troppe volte nella
pianificazione del vivibile. Superarlo con la mitologia, con l'allegoria non ha senso, e neppure risulta equa l'ipotesi di un'immersione globale nella palude. Tuttavia, dicevamo,
la negatività è anche altrove, interna ed esterna a noi; è ingenuo non vederla
nella violenza quotidiana, nelle guerre, negli stupri carnali e in- t
tellettivi, nella corruzione, negli egoismi, nelle falsità e, quel che è peggio, nel degrado
biologico della specie umana. Crediamo che Scarselli abbia voluto sperimentare
uno per uno i buchi neri dell'avventura antropologica, iniziando dal priapismo.
Ci aspettiamo, così, altre immersioni ed esplorazioni alla ricerca non di una morale ma di un equilibrio di forze e di pensieri che agisca nell'unitarietà
stessa dell'individuo. Un individuo che non ha paura della Notte perché sa
combattere e vincere l'eclissi della ragione.
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Recensione |
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