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Villa degli Orti Redi. Un
giardino aretino da riscoprire
Orti Redi, la villa che vide passare la storia
Da Francesco “segaligno e freddoloso”ad Anna Maria che Pio XI dichiarò santa
nel 1934. L’importanza che vi ebbero le donne.
La Nazione
29 novembre 2020

Dalla penna di
Anna Bartolini e Patrizia Fazzi è uscito un ottimo lavoro di indagine e di
studio sulla storia di Villa degli Orti Redi, fatta costruire dai Fossombroni,
poi passata ai Nardi nel 1628 e poi ancora ai Redi nel 1659 e per finire,
all’Ordine delle Carmelitane Scalze. Scriveva don Angelo Tafi che la villa,
splendida, sorgeva sulla sinistra di via
Francesco Redi. Costruita su tre piani, con un imponente portone recante in alto
lo stemma Redi, la villa è fiancheggiata a destra da una torre, anch’essa a tre
piani mentre alla sua sinistra sorge una piccola cappella gentilizia. In antico
aveva anche un giardino pensile molto elegante, con siepi e aiuole di piante
stagionali. La cappella, dedicata a S. Jacopo in onore di S. Giacomo di
Compostela, santo protettore del primo proprietario, è stata affrescata da
Teofilo Torri nel 1602 con Storie di S. Francesco. Un secondo piccolo giardino,
si trova sul retro della villa. Questa breve descrizione
è utile per immaginare l’ambiente nel quale hanno vissuto, conversato, bevuto
cioccolata e passeggiato tantissimi personaggi illustri.
Ad aspetti e figure particolari è dedicata la
seconda parte del libro di Bartolini e Fazzi, edito nel 2016 da Prometheus
nell’ambito del progetto “Villa degli Orti. Un giardino dimenticato” che dal
2013 al 2015 fu realizzato dalla sezione Fidapa di Arezzo, all’epoca con la
presidenza di Monica Catinelli. Alla patrizia dimora era affezionatissimo anche
Francesco Redi, personaggio di rilievo e celebrato per la grandezza del suo
ingegno. Quando la villa passò ai Redi, toccò più volte a Francesco prestare
denaro al padre Gregorio per acquistarla e consentirne il mantenimento.
L’intenzione del celebre aretino, spesso coinvolto in prima persona
nell’intraprendere lavori e ingrandimenti della dimora, era quello di crearsi un
nido dove ritirarsi in pace durante la vecchiaia. Francesco Redi teneva
moltissimo alla villa, come ad altre dimore aretine, e proprio per questo,
probabilmente non ha mai acquistato alcun bene immobile a Firenze. Tuttavia,
nonostante l’attaccamento, Redi, troppo impegnato a corte in qualità di
archiatra, non ha soggiornato in villa e la residenza della sua vecchiaia fu
Firenze.
Molte furono invece le donne che abitarono la nobile
residenza. Iniziamo con Caterina Redi, sorella del grande Francesco, divenuta
suora con il nome di Maria Cecilia a soli quindici anni nel Convento di Santa
Caterina ad Arezzo.
Anna Nardi, fatta sposare al fratello di
Francesco, Giovan Battista Redi, nel 1660, fu la cognata preferita dello
scienziato e donna dotata di saggezza. Tra le stanze della villa, il suo
matrimonio, dovuto ad interessi di tipo patrimoniale, ebbe momenti di affetto.
Diversa fu la situazione di Maria Chiara Gamurrini, sposa di
Diego, anch’egli fratello di Francesco, ma – scrivono le autrici – uomo
intemperante e sregolato.
Un’altra
importante figura femminile è Anna Maria Redi, figlia del Balì Ignazio Redi.
Giovanissima, all’età di diciassette anni, ella scelse di sua spontanea volontà
una vita ascetica presso le Carmelitane Scalze di Firenze, prendendo il nome di
Teresa Margherita. Fu dichiarata santa dal papa Pio XI nel 1934. Come si narra
nel libro, la piccola Anna Maria, dopo aver trascorso un periodo di noviziato a
Firenze, fece ritorno in Arezzo nella primavera del 1764 e – come scrivono le
autrici – si immerse nella vita familiare. Fu questa l’occasione in cui ella
comunicò a sua madre la decisione assoluta di entrare in convento, scelta che
sebbene già attesa, provocò sgomento. Commovente è l’episodio della partenza in
calesse dalla villa perchè il distacco fu molto doloroso.
Dopo il 1820, anno della morte dell’ultimo esponente
del ramo del baliato, seguirono alterne vicende fino a che nel 1942, il
passaggio della villa alle Carmelitane Scalze del Carmelo di Firenze ha segnato
una svolta. Il legame tra le suore e la dimora gentilizia traeva ispirazione
dalla giovanissima santa Teresa Margherita che in loco aveva trascorso la sua
giovinezza. Sulle vicende che portarono all’acquisto, è interessante il racconto
che ne fa suor Teresa Margherita, prima priora che già dopo la beatificazione
della santa suddetta, avvenuta nel 1929, volle avvenisse in Arezzo l’acquisto,
che fu formalizzato in data 2 maggio
1941. Molti sono stati i
lavori di restauro dal dopoguerra.
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Recensione |
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