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Il 17 marzo 2005 a Firenze, presso la Libreria Martelli, ha avuto luogo la presentazione del poemetto Turnings e di altri componimenti d’ambito calabrese di Michael Anania, illustre poeta americano (Omaha 1939) discendente da una famiglia di Adami Decollatura, nella Sila Piccola. Ne hanno parlato dialogando tra loro la cosentina Milly Mazzei, intellettuale responsabile della Libreria delle Donne di Firenze, e chi scrive questa nota.

Le quattro poesie ‘calabresi’ di Anania, nate dall’emozione per una visita al paese e ai cugini avvenuta nel 2000, rispecchiano in prevalenza la natura dei luoghi, l’eco dei riscoperti legami di sangue, il confronto tra l’arcaico mondo della montagna calabrese e l’esperienza americana degli emigrati. Alla tavola di Raffaele, L’orto di Carmelo, L’album di Felice erano state liberamente tradotte dal poeta gioiosano Enzo Agostino, e pubblicate dopo la sua scomparsa (avvenuta nell’agosto 2003) in “erba d’arno” 96-97 (Fucecchio 2004). La quarta, Il focolare di Filomena, tradotta da Margherita Pieracci Harwell e da G. Fozzer, è uscita in “Città di Vita” anno LX n°1 (Firenze 2005).

Nel poemetto invece, nato alla notizia della morte del Gioiosano, il poeta americano ha accolto in sé spunti di più vasta e profonda origine. I temi del glorioso passato magnogreco della Locride, presenti con forza e passione straordinaria nei componimenti di Enzo Agostino (si rilegga almeno Primavera, in gioiosano, e Il mare d’Ulisse in italiano) hanno fatto irruzione nei versi di Anania col tramite dei dati storici, mitici e geografici della regione, nei secoli della colonizzazione greca. E – con incisività anche maggiore – attraverso la scoperta del contesto orfico-pitagorico trasmesso a Michael Anania dalle lamine d’oro calabresi, in particolare quella veduta nel Museo di Vibo Valentia (Hipponion, la città magnogreca fondata nel VII secolo dai Locresi, attraversando lo stivale nel punto più stretto).

Dopo una bellissima apertura del tramonto sui due mari, il poeta introduce citazioni dal testo della lamina, testo guida per gli iniziati ai misteri mnemosynii, al momento di varcare le porte degli Inferi: a differenza che nei testi orfici, in questo il solo nome di divinità è quello di Mnemosyne, la dea della memoria: alle sue acque l’iniziato dovrà dissetarsi per recuperare il ricordo della propria origine anche divina, e per accedere quindi alla sacra via.

Così il viaggio-scomparsa di Enzo Agostino s’intreccia con quello dei seguaci della grande tradizione filosofico-spirituale che dal mitico Orfeo passò a Pitagora (rifugiatosi dalla Ionia nella magnogreca Crotone), fondatore della scuola da cui il pensiero di Platone trasse spunti fondamentali. La dea della Memoria è nei testi misterici guida e presidio della vita dello spirito, madre delle Muse ispiratrici di vati e di dotti. Secondo Ione di Chio, alcuni testi orfici sarebbero stati composti da Pitagora stesso, e da lui attribuiti a Orfeo. Parmenide presentò le conquiste del suo pensiero come rivelazioni fattegli da una dea, che è stata identificata con Mnemosyne. È infatti la sfera della verità, del sapere reale, quella che Pitagorici ed Orfici si sforzarono di raggiungere, osservando riti e precetti, ma ancor più meditando assiduamente (nel “modo di vivere pitagorico”) sulla natura ‘siderea’ dell’uomo, e sul posto dell’episodico vivere umano entro l’eternità del cosmo. E la memoria era considerata dai Pitagorici un elemento fondamentale dell’attività intellettuale, poiché da essa riceve alimento lo spirito immortale; divinizzata, la Memoria è tra le figure divine che presiedono alla liberazione dai vincoli mondani. Che la liberazione dello spirito sia stata accostata, ben prima di Epicuro, alla filosofia capace di sanare ‘il male di vivere’, lo si capisce – ancora il tramite platonico – dalle parole di Socrate alla fine del Fedone: l’offerta del gallo ad Asclepio è allusione alla dottrina che guardava all’eternità dell’essenza spirituale, e vedeva nella morte l’avviamento alla più libera ricerca della verità, sotto il segno di Mnemosyne.

L’intuizione del poeta Michael Anania, nel nobile intreccio che il suo poemetto crea tra natura, terra calabra e testi orfici, è di straordinario valore e profondità, e ben si accorda con la cultura e con l’anima del dedicatario, il calabrese Enzo Agostino, nella cui intensa poesia la memoria ha un posto fondamentale.

Il poemetto, uscito in prima edizione presso l’editore Franco Pancallo di Locri nel luglio 2004, con il titolo Per Enzo Agostino, esce ora con il titolo originale Turnings presso Il Bisonte di Firenze, rivisto nel testo e con una ampia nota di commento.

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