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Pass dopo pass
Un omaggio alla lingua dei padri e un
messaggio di speranza,
in un mondo che sta cambiando velocemente
È in corso un ineluttabile - tanto silenzioso quanto terribile - distacco di
senso tra le generazioni. Non solo tra nonni e nipoti, ma anche tra genitori e
figli. I giovani non parlano più la stessa lingua dei padri. Si tratta di una
novità inaudita per la nostra storia e per la nostra cultura, dove la
trasmissione orale del sapere e delle pratiche ha sempre avuto una sequenza
logico-temporale di madre in figlia, di padre in figlio. Così, dalla notte dei
tempi.
Oggi, purtroppo, qualcosa si è rotto: ed è proprio nelle parole, nei loro
significati, nella loro articolazione che attualmente si svolge il distacco più
inquietante. È nel senso stesso delle parole che questo «gap» sembra oramai
incolmabile e definitivo. Ma in questo fiume che tutto trascina, esistono
fortunatamente alcuni appigli, a cui è possibile aggrapparsi per non essere
portati via dalla corrente della modernità.
Si tratta di libri, di poesie, di racconti, che si pongono programmaticamente il
compito di trasmettere il senso delle parole che formano una identità. Ed è
questo il caso emblematico, dell'ultimo lavoro editoriale di Lilia Slomp Ferrari
dato alle stampe nei mesi scorsi per i tipi della Biblioteca dei Leoni di
Castelfranco.
Il prezioso volumetto dal titolo «Pass dopo pass» (80 pagine, 12 euro),
raccoglie una sessantina di sonetti scritti - confessa l'autrice nelle pagine
introduttive - «quasi senza volerlo». Sonetti scritti «nella parlata dei padri»
messi «in ordine come soldatini raccogliendo foglietti sparsi per una ballata di
emozioni», e recuperando «parole che credevo affossate nella memoria riprendendo
la musica di chi mi parlava da bambina».
Come scrive nella prefazione di Nadia Scappini, la poesia di Lilia Slomp Ferrari
«si muove tra terrestrità e trascendenza, precarietà e persistenza. Una gioiosa
e insieme dolorosa coscienza del percorso creaturale costituisce il filo
sotterraneo che attraversa i diversi testi dove una armonia tenacemente
ricercata non cancella la sofferenza, piuttosto la redime; così come nostalgia e
desiderio, altri poli in cui si dipana il suo mondo poetico, quasi un
crepuscolarismo pudico, sono necessari l'una all'altro per rivelare, sostenere,
esaltare aspirazioni, sogni, deragliamenti, persino vuoti del cuore». Così,
nella ricchezza di sfumature della parlata trentina l'autrice trascrive
l'inquieta ricerca di un'identità dietro al ritmo giusto delle parole, pronte ad
accendere certi fuochi in un cuore messo in subbuglio dalla maturità che guarda
al mistero.
Un libro, insomma, non solo caratterizzato da una poesia autentica, ma anche da
un messaggio di ottimismo, nonostante tutto: un riconoscimento della verità
delle cose della vita, degli affetti, degli incontri, dell'amore, delle gioie e
dei dolori, senza remore e senza paura: «sto vèrs sassìn sfrugnón entél tó còr /
l'è quel pù trist che 'l sa la verità».
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Recensione |
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