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Il dialetto della vita, Il sogno, la vita, la bellezza
Voci dialettali e Il Dialetto
della Vita nella poesia di Pasquale Montalto
Intervento alla Libreria Ubik di Cosenza
per la
Presentazione del libro
di Pasquale Montalto e Domenico Tucci
Il Dialetto
della Vita – Il sogno La Vita La bellezza
A volte, il testo di apertura di un libro può essere
considerato un cartello programmatico e la poesia intitolata “Scrivere”
che apre la silloge di Pasquale Montalto lo è a tutti gli effetti perché è
proprio quanto avviene nei suoi componimenti, in cui l’autore è impegnato in una
analisi schietta e consapevole del suo percorso esistenziale e più precisamente
in un’analisi profonda del Dialetto della Vita, fatto, come egli stesso
ci ricorda, da tante strade battute ogni mattino, dalla parola
quella vera, che nel dialetto cerca il suo valore e nuove
vie apre…
Ampliando la forza che
l’autore dà a questo termine, egli quasi invoca il “potere maieutico” della
parola - dello scrivere in generale- come impegno irrinunciabile, come strumento
di cambiamento, e così facendo associa a questo termine il suo più stretto
significato etimologico: la parola è una “levatrice” capace di dare vita a
quello che prima non c’era ancora.
Il Dialetto della Vita di Montalto è fatto di
tante parole, di coloriture che a volte sconvolgono l’animo, in cui l’inferno
non smette di ardere e continua a correre dietro, in cui la verità
cocente del dolore tocca il nervo scoperto, in cui le strade sono strade
di storie tristi, muffose d’antico, senza storia…
È la vita di tutti i giorni, fatta dagli affetti
familiari, dalle relazioni amicali e professionali
o - come scrive lo stesso autore - fatta di coralità, di
inquietudini, di dolore, di memorie, di notti e di
albe, la vita che si fa nella quotidianità,
qui e ora,
in questo istante, l’adesso, l’appena detto che rinvia subito a altro, la
vita che è espressione del nostro tempo e della nostra smaliziata e sprovveduta
temporaneità.
Tutto questo in Pasquale Montalto diventa percorso
esistenziale che per rivelarsi ha la necessità di affidarsi alla poesia. Un uomo
che crede nel potere curativo della parola
poetica, che scrive poesia per medicare le ferite e per alleviare il dolore; la
poesia in Montalto è una sensazione dolcissima, liberatoria, un sollievo, una
panacea.
La poetessa e saggista
polacca
Wislawa
Szymborska,
premiata con il Nobel nel 1996,
disse di
aggrapparsi alla poesia come alla salvezza di un corrimano. Ed è proprio quello
che accade nel nostro autore quando scrive che:
Magica
speranza, appare la poesia,
che
puntuale filtra nello spazio nero,
non per
scriverla, ma per essere ascoltata
e per
seguire il tracciato di una parola,
che non è
più parola al vento,
ma
sincerità di cuore, che mi emoziona
per farmi
ritrovare il senso pieno
di ogni
incontro ritrovato:
parole
belle, dolci, di pace
e di
profonda unione di fede,
autentiche
e sincere, colme di memoria
e radicate
nell’intimo che mi riempie.
Questo status, questa
visione della poesia come sollievo, come sfogo catartico e come speranza che
arriva e resta, a ben guardare indica come ci sia una grande solitudine oggi
negli uomini, ma anche un grande bisogno di cercare qualcosa di più profondo ed
autentico, al di là dell’apparire della civiltà dei consumi di massa.
L’uomo ha bisogno di
andare alla radice di se stesso per ristabilire un’autentica comunicazione con
le cose e con i suoi simili: la poesia può essere uno degli strumenti di tale
ricerca.
Per quanto riguarda la qualità espressiva, Montalto non
bara con le parole e ad ognuna sa dare l’adesione alle cose da dire, all’insegna
della correttezza umana e intellettuale, esprimendosi con rigore, senza raggiri
di parole e senza allusioni.
Ciò che dice vuole che sia preso in seria
considerazione.
Per coloro che conoscono la produzione di Montalto dei
primi anni ‘80 - mi riferisco in particolare all’appendice della silloge “Libertà
e persona” (Milano, 1984) - è facile rendersi conto che l’autore ha
eliminato dal suo vocabolario qualsiasi tentazione di sperimentazione di
ipotesi linguistica con lettere[1],
affidandosi a una espressività fluida e intensa che sia capace di rendere al
massimo le intenzioni dell’anima; una qualità espressiva sobria che non è quasi
mai costruzione o elaborazione, ma vive di
sequele
di immagini quotidiane,
di un insistente girare intorno, cogliendo via via sfumature e significati
diversi che sono percettivi: gli affetti e le
amicizie, gli amori, le memorie, il dolore come dati che accomunano ogni
esistenza, la solidarietà umana e il dialogo con se stesso, la vocazione a
coltivare quanto di meglio offre la vita nei suoi dettagli quotidiani.
Per quanto riguarda il risvolto letterario, si intuisce
come l’autore sia avido di letture, curioso, pronto a mettersi dialetticamente
in rapporto con la torrenziale produzione poetica dei nostri giorni.
Per lui scrivere non è solo un atto di fede, un impegno
irrinunciabile - come giustamente è stato evidenziato nella parte introduttiva
della raccolta - ma è anche un baluardo di saggezza, di lunga esperienza da cui
trarre la linfa necessaria per sopravvivere al nostro tempo, in cui è presente
ancora la cultura dell’inganno, vi sono chiusure mentali, diritti negati e
disattesi; un mondo ammalato di arroganza, di falsità e di violenza.
Scrivere – dice Montalto – come atto
trasgressivo, / che batte i tasti / dell’amore e della pace: / verdetto
rivoluzionario, / che si attenga al giusto diritto, / a un codice di luce, / che
colora di bellezza / ogni sofferente richiesta d’aiuto.
In questo senso, ci porta a ritroso e ci fa pensare alla
poesia di Neruda quando dice nell’opera “Confesso che ho vissuto” che «La
poesia è sempre un atto di pace. Il poeta nasce dalla pace come il pane nasce
dalla farina».
Ciò esprime un concetto romantico della
vita, amante delle piccole cose e della sua terra ed è in rivolta con le
convenzioni, con le false etiche, le ideologie inconcludenti di
cui ci parla l’autore e le banalità della vita moderna.
In Montalto le voci
dialettali assumono diversità di caratteri e colori:
il suggestivo ricordo del piccolo bambino, del dolore e
dell’inquietudine, il rapporto tra etica e politica, l’amore sofferto,
le barbare invasioni delle tenebre, e le triste noti dell’abbandono, le
parole colme di memoria […], per citarne solo alcune.
In definitiva tutte
quelle strade che l’autore esplora e ci fa percorrere, che vanno
dalle cariche affettive e umane dei
luoghi e delle persone, alla natura obiettiva della terra esplorata da Montalto.
(Ecco) Tutto questo
assume una coloritura emotiva che solo la poesia, quale alternativo canale del
tempo, riesce a trasmettere.
Montalto mostra di possedere un pensiero chiaramente
delineato che non accetta il disfacimento del mondo che non si piega alla
sofferenza; la poesia dedicata ad Alda Merini - e ad ogni mamma che ancora spera
- è l’esempio più evidente del desiderio e della necessità dell’autore di
comunicare un messaggio forte di coraggio e di
speranza, il desiderio del poeta, di ogni poeta, di non voler morire:
Coraggio, perché, oggi, / è già meglio di ieri, / e
la tua voce, unita / alla mia e a tante altre, / potranno elevarsi a canto
eterno.
Diceva Pascal che la poesia vera non può esistere senza
il sostrato di un pensiero originale che la sostenga e le dia il giudizio di
luce per rapportarsi al creato.
La rappresentazione di Pasquale Montalto è profondamente
realistica e i suoi versi sono denudati da verbalismi e da alchimie
linguistiche, forse perché la sua poesia cerca di afferrare sempre il senso
dialettico del bene e del male, dell’amore e del dolore, e lo fa con la serietà
di chi attribuisce alla poesia un’importanza non superficiale, di chi considera
il pensiero una fonte inesauribile di verità, che, anche quando si consuma nel
dialogo con se stesso (p.112), rimane comunque validissimo tentativo di
espressione per dire (o dare) agli altri l’intima essenza di sé.
Montalto ci trasporta dunque in un mondo intessuto di
immagini assolutamente reali, immagini che a volte descrivono cocenti delusioni,
ma che sono intrise di un sincero messaggio di fiducia; ci trasporta nel suo
mondo attraverso una passione “antica”, quella della scrittura che per lui è
imprescindibile.
* * *
Ciò che a mio avviso accomuna,
in questo libro scritto a quattro mani, Pasquale Montalto e Domenico
Tucci, è
il tentativo di narrare non solo una poesia esistenziale, ma anche una filosofia esistenziale, che siano entrambe «atto» del
vivente, è quindi, per sua natura, travagliato, difficile, angoscioso,
iridescente, con un esito instabile ed insicuro che viene, però, superato dalla
forza evocatrice della parola, da una continua introspezione e, soprattutto,
dall’amore e dall’amore per la poesia.
Per il resto, il linguaggio della poesia è il risultato
della temperatura in cui il poeta è disponibile a sciogliersi per generare il
canto della vita e - dopo aver letto i componimenti poetici di Tucci e di
Montalto - penso proprio di poter dire, e concludo, che «Scrivere può
servirci a guarire dalle nostre tristezze, oppure a santificare le nostre
memorie, a darci o a insegnarci qualcosa di più sulla nostra identità».
Cosenza, lì 5 marzo 2016
*Scrittore e poeta, qui in veste di Critico letterario
[1] In: Libertà e persona, Eura Press, MI, 1984
- Appendice - “Ipotesi stilistica con lettere”, pag. 47.
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