| |
Coltivati rovesci
In una delle
composizioni poste in apertura della sua suggestiva raccolta Dentro alle
fonti, Marinella Galletti sorprende il lettore,
dichiarando: “Non ho cognizione di | spazio”. Uso il verbo
“sorprendere” perché proprio su quanto viene definito spazio risulta costruita,
nelle dimensioni esteriori, l’ intera silloge: tutti i testi presentati sono
disposti in maniera tale da formare figure geometriche (rettangoli), tanto che le
parole, con leggiadra accortezza accostate, paiono contenute entro
invisibili, quanto precise, linee perimetrali.
Complici i toni
di un linguaggio denotativo, dalle brevi, intense, locuzioni, emerge, via via,
l’intimo nucleo di un’ istanza poetica capace di comunicare, senza compromessi,
l’ affettivo fascino d’ un “io” integro, partecipe, non schematico: così “l’
aria si tinge del | colore del niente”, si confonde “con | il tempo ciò che | è
propriamente | dello spazio”, viene proposta “la | lingua convessa tacita |
del monte”, mentre “Del confine della terra | col cielo non v’è fine”.
Si possono
mostrare rigorosi modelli proprio per svuotarli di significato, o, meglio, per
concedere la facoltà di aperture verso un altrove escluso dall’ uso quotidiano
degli stessi, creando peculiari lingue tali da rendere testimonianza di mondi la
cui consistenza, per nulla tenue, si rivela in condizione di dar vita a
scritture dotate di singolare tenacia.
Ed è con
ammirevole ostinazione che l’ autrice, coerente, esibisce forme rigide eppure
flessibili, consapevole di quanto un gesto sapiente sia in grado di condurre ad
esiti non ordinari: si possono adoperare perimetri anche per scardinare
insoddisfacenti geometrie, per dire, insomma, “che c’è il rovescio. Che | lo si
può coltivare”. Pregevoli scansioni.
| |
|
Recensione |
|