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Un paio d'anni fa, recensendo una precedente raccolta poetica della Busca (La luna e la memoria) dicevamo che la particolarità di quella poesia era il taedium vitae, ossia il mal sottile di cui soffre tutta la poesia moderna che scorre sotto i ponti del decadentismo: una tara esistenziale che copre, si può dire, tutta l'area del nostro Novecento, che da poco si è chiuso alle nostre spalle, ma la cui ombra si proietta ancora nel secolo teste iniziato. Della stessa autrice ci giunge ora un nuovo volume dal titolo Ombra della sera che si rivela a nostro avviso più consistente dell'altro, più complesso e più ricco di contenuti, di stati d'animo, quindi di umori, di prostrazioni e scoramenti ma anche di aneliti verso la vita che ci circonda e ci invita alla rinascita.

In questo volume abbiamo trovato di tutto: prostrazione, solitudine esistenziale, rimpianto di paradisi perduti, ma anche tanto desiderio di ritorno all'ottimismo del cuore e della ragione, all'amore per il mondo e per la vita: "Un raggio di luce | vorrei carpire con gli occhi dischiusi | dal lungo sopore... Forse una luce | seppur debole e fioca | balugina ancora nella mente |... Vorrei perseguire quel segno | di risveglio, di rinascita..." (Nella foresta delle tenebre). "La tua cetra ti chiama... | non rifiutare il tuo canto | né il suono armonioso di ieri" (La cetra). Diciamo che il mal sottile di cui accennavamo sopra, persiste ancora come status naturale della poetessa: una patina congenita e quasi collegata come un timbro che sancisce una identità. Del resto la poesia ha sempre un retroterra di tristezze e di scoramenti, e più spesso di struggenti richiami ad un passato che non torna... Il più delle volte si tratta di piacevole malinconia che si indossa come un vestito che piace: un appannaggio di turbamento che reca in sé anche il balsamo della consolazione: una sofferenza che in definitiva si risolve come rimedio appagante, che rende amabile anche il dolore come un bene che ci appartiene; ed è un tasto che si muove a secondo della sensibilità del poeta, aperta verso tutte le sfumature, più o meno gradite, che dilatano i sentimenti, le aspirazioni, gli aneliti e gli effetti emozionali. Si afferma una acclarata verità quando si dice che la vera poesia nasce dalla sofferenza. "Esce la poesia | quando malinconia | batte del cor la porta". Ma indipendentemente dal malessere connaturato al poetare, ogni opera va letta e gustata per la bellezza estetica della sua fattura. "La poesia ha questo di proprio: che riesce a comunicare con la bellezza della parola la commozione che l'ha generata" (È una massima di Benedetto Croce).

L'ala del pessimismo non preclude al lettore i pregi di cui l'opera d'arte dispone, non vieta l'accesso alle suggestioni emozionali che l'opera può suscitare, non cancella i connotati della bellezza prescindendo dai malumori del poeta. E allora, nel caso della Busca sentiamo di poter dire a voce alta che ci troviamo in presenza d'una poesia scaltrita nella forma, dotata di alti toni, costruita su un ordito di variegati interessi, che si dilata fino ad abbracciare secoli remoti, facendosi storia visiva come ad esempio nelle Elegie sicane: "Nel teatro deserto | bianco di marmo e di luce... | rivivono fosche tragedie | vendette cruente | mostruosi delitti voluti dal fato: | M'appaiono Edipo accecato | Oreste, Agamennone, | Elettra, | Antigone fiera, Medea. | Cupe ombre dell'Ade | risalgono verso la luce | e rivelano l'atroce catastrofe | che infligge ai felici l'invidia | di perfidi dei maligni". Poesia come scultura di brulicanti figure, spettrali nella notte arabescata di miti e di memorie. O ancora come nel Canto della terra: "Il canto della terra | è un lieve stormire di fronde | un sussurro dolce-dolente | nel pallore dell'Iba. | E un fragile brusio di spighe mature | dorate dal sole | sfolgorante d'estate | ... Sinfonia della vigna | violacea di grappoli turgidi | nell'aria sonora di vespe... | Stridenti risuonano i sistri | squassati con furia dalle baccanti". Si tratta, ripetiamo, di metafore scolpite più che descritte, e perciò di notevoli effetti rappresentativi, poesie che sarebbero tutte degne di essere riportate nella loro interezza per una doverosa esemplificazione.

Ma se dovessimo andare in cerca di perle di riflessione poetica, dovremmo indugiarci su tutte le pagine del volume, perché in tutte ci sarebbe qualcosa da scoprire riguardo gli aspetti multiformi della natura o della vita, che solo all'occhio del poeta adusato ad osservare ed a contemplare, si mostrano nel loro mistero di essere nell'attimo di un'estasi che trasfigura le cose. Ed allora succede che il poeta si identifica con la natura sino ad annullarsi in essa come Nella chiaria dell'alba: "Stillano rugiada | le ciglia | degli abeti, dei pini. | Chiara l'alba e terra | risveglia la natura assopita. | Un brivido di vita | mi pervade le membra. | Fremono le foglie del platano | alla timida brezza; | freme il mio animo all'unisono. | Mie sono le ciglia | che stillano | rugiada (o lacrime?). Io sono l'abete, il pino | il platano fitto di fronde. | Io sono tutto | e nulla | nella chiaria dell'alba". E di questa nuova dimensione il poeta si appaga. È lo strale carducciano lanciato contro il sole!

Recensione
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