La vicenda umana di Attilio Mlatsch.
Una ricostruzione possibile tra ipotesi e verità
L’8 settembre 1943 alle 19,45 l’Eiar (la radio italiana) annunciò l’armistizio fra l’Italia e gli eserciti alleati.
A Padova nella mattinata del 9 settembre soltanto due rappresentanti dei partiti antifascisti, Lorenzo Foco del Pci e
Libero Marzetto del Partito d’azione si recarono in Pra’ della Valle
a Palazzo Zacco, sede del Comando militare di zona e del Comando
dell’8a Armata (generale Italo Gariboldi), per chiedere armi al
generale Benelli allo scopo di difendere la città dall’esercito
tedesco.
Un altro antifascista Francesco Turra fece la stessa richiesta per telefono.
La richiesta fu rifiutata.
A Treviso la stessa richiesta fu presentata al generale Renato
Coturri comandante della Difesa territoriale con lo stesso risultato.
Erano stati impartiti ordini severissimi ai militari di rimanere
chiusi dentro le caserme distribuite in varie località di Padova.
Intanto nel tardo pomeriggio e la mattina del 10 settembre era
cominciata la fuga dei soldati. Si era diffusa la voce dell’arrivo dei tedeschi.
L’occupazione tedesca di Padova è stata ricostruita con grande
precisione da Francesco Feltrin (La lotta partigiana a Padova e nel
suo territorio). Essa avvenne ad opera di un gruppo tattico
costituito il 10 settembre con unità della 24a Panzer, circa 800
uomini che erano partiti alle ore 8 del mattino da Bologna ed erano arrivati a Padova fra le 18 e le 19. I mezzi del tedeschi erano dei semoventi blindati con cannoni da 75 mm montati su una torretta fissa. Gli ufficiali italiani superiori accettarono delle condizioni
imposte dai tedeschi. Nei fonogrammi che furono inviati agli
ufficiali italiani, spesso contraddittori e confusi, emergevano due
preoccupazioni: la prima nei confronti dei soldati e la seconda di
evitare qualsiasi iniziativa nei confronti del tedeschi.
Tra la sera del 10 e la giornata dell’11 settembre tutti i soldati che
non erano riusciti a scappare dalla caserme furono catturati e
avviati su carri bestiame in Germania.
Nella caserma Oreste Salomone in Pra’ della Valle il capitano
Attilio Mlatsch (il suo cognome era stato italianizzato in Milazzi)
era responsabile dell’Ufficio cifra, come esperto di crittografia.
Suo nipote Gaetano Rasi ricorda che lo zio nel suo ultimo
colloquio affermò di non poter abbandonare il suo posto in attesa
di ordini crittati dal Comando supremo italiano sul comportamento da adottare nei confronti dei tedeschi.
Fu catturato dai tedeschi. Una testimonianza della sua morte
avvenuta nel campo di concentramento di Hammerstein si trova nel
volume di M. Lucini-G. Crescimbeni, Seicentomila italiani nei lager.
I soldati italiani catturati dai tedeschi non furono classificati come
prigionieri di guerra sottoposti alle Convenzioni di Ginevra ma
come Internati militari italiani (Imi).
Le loro condizioni di vita in Germania furono tremende
F. W. Deakin (Storia della Repubblica di Salò) che la sorte degli Imi. era uno dei punti principali della frizione fra
i due governi,
quello nazista e quello della Repubblica sociale italiana.
Mussolini sollevò la questione già durante il suo incontro con
Hitler a Klessheim del 22 aprile 1944. Era stato il primo
problema affrontato da Mussolini. Alla sorte degli Imi (Internati
militari italiani) erano interessati sei o sette milioni di italiani loro parenti.
Hitler nelle sue risposte giustificò il comportamento dei tedeschi e
prese degli impegni per il miglioramento delle loro condizioni.
L’autrice della ricerca biografica sul capitano Attilio Mlatsch è sua nipote.
Sua madre durante la guerra fu sfollata (una nuova residenza per
evitare i bombardamenti) a Saccolongo (frazione di Creola) nella
canonica di don Luigi Costa e adolescente, incontrò il papà di Lucia.
La parentela spiega sia la profondità della motivazione della
ricerca molto difficile sia l’apertura di molti parenti sulle vicende
anche le più intime del capitano Milazzi e della sua famiglia.
Il volume è arricchito da un repertorio documentale e fotografico ricco e molto interessante.
Non tutti i nonni sono così fortunati da avere una nipote cosi
appassionata e tenace nelle sue ricerche.
18 dicembre 2018
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