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Alle elezioni politiche del 1913, le prime con il suffragio universale, il
collegio di Cittadella-Camposampiero manda in Parlamento con il 90% dei voti
l'appena trentenne Sebastiano Schiavon che risultà così il deputato più giovane
e più votato d'Italia. È incredibile come, in pochi decenni, abbia potuto uscire
dalla nostra memoria un uomo che si era tanto speso per togliere dalla miseria e
dare dignità ai lavoratori della terra nel primo Novecento, tanto da minare
irrimediabilmente la propria salute e da concludere precocemente la propria
vita. Eppure questo è stato proprio il destino di Sebastiano Schiavon
(1883-1922), ora finalmente recuperato dall'oblio grazie al lavoro paziente di
Massimo Toffanin che, mettendo insieme tutta la documentazione disponibile sia
archivistica (di numerosi archivi locali oltrechè dell'Archivio Segreto
Vaticano, dell'Archivio Storico della Camera dei Deputati, dell'Archivio
Centrale dello Stato) sia di altro tipo (carte private, giornali dell'epoca,
foto), ha ricostruito i contorni di un personaggio di prima grandezza nell
Italia del suo tempo.
Nato
a Ponte S. Nicolò da umile famiglia di piccoli proprietari terrieri, dopo la
laurea in lettere inizia ad insegnare, ma presto dalla Direzione Diocesana di
Padova viene nominato segretario del nuovo Ufficio cattolico del Lavoro. È il
momento in cui a Padova il vescovo Pelizzo, dopo la chiusura dell'Opera dei
congressi e il nuovo indirizzo venuto dal convegno di Firenze di considerare
come luogo d'azione del movimento cattolico l'ambito diocesano, sceglie
coraggiosamente di dare fiducia ai giovani e di condividere responsabilità di
scelte anche spinte in campo sociale. Così come fa contemporaneamente mons.
Radini Tedeschi a Bergamo, interpreta in modo elastico le direttive di Pio X e
appoggia le rivendicazioni di contadini e di altre categorie di lavoratori,
anche quando approdano a inevitabili scioperi. Per aiutare la presa di coscienza
del ruolo sociale dei contadini Schiavon contribuisce a fondare nel 1910 a
Cittadella il "Sindacato veneto tra i lavoratori della terra" ma, divenuto
contemporaneamente anche dirigente della grande organizzazione cattolica
denominata Unione Popolare che ha sede a Firenze, vi si deve trasferire con la
famiglia (aveva sposato nel 1909 Elvira Crescente, sorella di Cesare che sarà
sindaco di Padova dal 1947 al 1970), e da lì si sposta in maniera indefessa per
tenere conferenze attraverso tutte le regioni del centro-nord Italia. Durante la
XXV legislatura siede in Parlamento nel gruppo dei cosiddetti
"cattolici-deputati", denominazione che vuole sottolineare le responsabilità
personali di costoro, da non intendersi come rappresentanti ufficiali del mondo
cattolico. Con incredibile abnegazione segue i lavori parlamentari mantenendo
puntualmente anche l'impegno di attiva presenza nelle istituzioni locali in cui
è stato eletto (Consiglio provinciale di Padova e comunale di Saonara, Ponte S.
Nicolò, Legnaro).
Su posizioni di neutralità prima della grande guerra, quando questa inizia si
spende per promuovere i "Comitati di preparazione civile", organi collegiali
formati da rappresentanti di tutti i partiti allo scopo di aiutare la
popolazione moralmente e materialmente. Negli anni di guerra si fa ripetutamente
portavoce in Parlamento delle istanze della martoriata terra veneta, teatro
della devastante attività bellica. Alla fine del 1918, con i deputati Micheli,
Miglioli, Bestini e Tovini raccogliendo l'invito di Sturzo, getta le basi per la
costituzione del nuovo Partito popolare italiano, il cui inizio viene
considerato l"'appello agli uomini liberi e forti' che Sturzo lancia al paese il
18 gennaio 1919 (la prima sezione del nuovo partito in provincia di Padova è
promossa proprio da Schiavon ad Abano il 15 febbraio 1919). Alle elezioni
politiche del 1919 viene rieletto in Parlamento ancora con amplissimo consenso,
ma la XXV legislatura, segnata dalle sanguinose tensioni del dopo-guerra, ha
vita breve per l'impossibilità di trovare un accordo politico stabile. La
disperante situazione economica favorisce la contrapposizione violenta tra leghe
bianche e leghe rosse e sfocia in drammatiche contrapposizioni sociali (lo
stesso Schiavon è pesantemente pestato a Piove di Sacco). Il vescovo Pelizzo,
premuto dai proprietari terrieri e dalla Curia vaticana, deve allentare il
sostegno al partito popolare e alle leghe bianche e polarizzare l'attenzione
pastorale al risanamento dei costumi e alla cura delle anime.
Per le successive elezioni politiche del maggio 1921 Schiavon addirittura non
viene candidato e cadono nel nulla sia le sue proteste sia il suo tentativo di
creare una lista autonoma. E così, con la fine della sua carriera politica, si
spegne anche la voce dei contadini delle leghe bianche. In pochissimo tempo,
come si sa, si evolverà in senso antidemocratico anche l'assetto istituzionale
del paese, ma Schiavon non arriverà a vedere ciò: una malattia fulminante,
infatti, lo rapisce il 30 gennaio 1922 all'età di 38 anni. La concezione della
vita politica come luogo ideale di applicazione della dottrina sociale della
Chiesa espressa nella Rerum Novarum troverà continuità nel territorio
padovano alla ripresa della vita democratica dopo la caduta del fascismo
attraverso uomini come Gavino Sabadin, Cesare Crescente, Stanislao Ceschi che
con Schiavon si erano formati agli albori del '900.
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Recensione |
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