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Volo a metà

La dirittura perfetta di un volo sbilanciato

Volo a metà di Filomena Rago ha la forza di diramare nell’anima di chi legge riverberi diversi.

Da principio, con delicatezza struggente, si viene introdotti in un poemetto rammemorativo della figura del giovane Giacomo, compagno di Filomena prematuramente scomparso, da lei amato a tal punto da doversi l’Autrice scusare con Dio (in epilogo all’Opera, a p. 75) in una breve ma accorata e umanissima confessione, per aver posto il “Signore” al secondo posto rispetto a Giacomo.

“Dopo l’alba mi addormento” è un verso bruciante che si incontra già nelle prime pagine del libro, perché in effetti è proprio così: “nella notte tutto è più vero e anche i pensieri” (p. 21) e “i battiti del cuore sfuggono alla conta” (p. 20). Tutto questo è dichiarato a onore del vero, dato che Giacomo si manifesta “presenza di sempre / accanto sublime, eterea dolce mia metà” (versi che si leggono a p. 66, e pure in esergo alla sezione intitolata Pollino, a p. 69).

Insieme a quanto riportato più sopra, questo testo, collocato in pratica quasi in epilogo alla raccolta di poesia, dà l’idea abbastanza esatta di quale tempra risoluta sostenga il travagliato continuare ad esistere della scrittrice.

E infatti, se pure ovunque nel libro la figura di Giacomo continua a ricorrere, ben viva e “per sempre”, nei sogni e nella veglia, si incontrano anche numerosi testi solidamente innervati a motivazioni per così dire di rilevanza ‘civile’, dove vigorosi versi avvalorano, unitamente al ‘sapere’, come buon antidoto all’infelicità e alla ‘gentilezza’, quale intramontabile virtù, il grande merito che la poetessa attribuisce all’“umiltà”, così spesso “vista svanire / fra la pochezza umana” (p. 41).

Accenti molto meno edulcorati vengono altresì rivolti da Filomena Rago ad atteggiamenti di indifferenza, insensibilità, e freddezza e ci si chiede quale figura di donna possa celarsi dietro quella “Ladra malata di ingiustificata gelosia / ladra di vite altrui”, che si incontra a p. 54.

Umana e materna pietà viene riservata a un “Fanciullo dagli occhi tristi”, al quale Ella così si rivolge: “portasti il peso di crudeli gesti / parole insensate di colpe non tue / ma di menti malate” (p. 55).

Un altro forte richiamo all’onestà e alla trasparenza viene indirizzato a censurare l’abbaglio fuorviante di una ricercata falsa apparenza: “Vanità dove vai? Di nuovo ti vesti / ostenti effimera bellezza / ti nutri di falsi complimenti. / Ovunque t’incontro. / Compagna di vite insoddisfatte / d’identità perse di leggere esistenze. Vanità vagante,/ fra sacre navate e squallide strade…” (p. 56).

O a biasimare l’ignoranza, quando essa si rende colpevole di ignavia, incoscienza o, peggio, di omertà, poiché allora ignoranza non è, ma falsità: “radicata ignoranza / fra le tenebre te ne andavi / nella casa del denaro./ Ignobile fu il silenzio / scoperta la menzogna” (p. 57); “Cuore / di snaturata creatura, / cuore impietrito da sangue ghiacciato. / Sprecato cuore” (p. 58); “Coscienze addormentate / di simulatori e adirati sepolcri imbiancati” (p. 60); “Porte che si chiudono / come pietre scagliate contro il viso / frecce che trafiggono il cuore, / pugni nello stomaco /… / mentre aleggia l’omertoso silenzio / mentre lento si consuma il tradimento” (p. 62).

Una pletora di personaggi da girone infernale, dove “Onnipresenti commedianti / uomini senza cuore né anima / di scrupoli carenti” distribuiscono “falsi sorrisi per tutti / avvelenati baci per i presenti. / Abbracci di serpe per chi calca la scena / sia essa bagnata dal pianto o colma di felicità” (p. 64).

È tutto ciò che porta Filomena a dire, quando si trova quasi in epilogo al libro: “Cancellerò ogni verso / con puro inchiostro nero / trasformerò ogni foglio / in coriandoli di cenere. / La storia si ripete / come disco che si inceppa” (p. 67), non senza lanciare una vera invettiva contro la ‘fortuna,’ una entità dichiarata amaramente dall’Autrice “del tutto sconosciuta” (p. 25).

Non mancano tuttavia, nella raccolta, poesie dedicate e con infinito amore e gratitudine o con ammirazione sincera, a molte creature buone incontrate, umane e forse non: “Inaspettato Marameo” è probabilmente un testo riferito a un felino, sono versi che molto ho amato, per la grande naturalezza con cui l’Autrice narra di un rapporto affettivo comunque importante davvero ed efficace a lenire, almeno in parte, il dolore (p. 35).

Talora il tessuto dei versi viene restituito al lettore pervaso di essenze di gigli e lavanda (paragonata quest’ultima al padre, a p. 30), forse proprio questi sono tra i fiori prediletti dalla poetessa, che non lesina parole d’amore per i propri cari: “una carezza per chi mi vuole bene / chi non sa mentire e mi sa capire” (p. 46); splendido da segnalare è il testo scritto per la nipote primogenita, che si legge a p. 33.

E, opportunamente collocato verso la conclusione del libro, ecco l’invito a una pace affrancata dal male e dal dolore rivolto al ‘pensiero’ da parte dell’Autrice; un voto ma pure una esortazione, valida per se stessa, e ora rivolta anche a ciascuno di noi: “vola pensiero / fra cielo e mare, spazio e tempo / vola lontano… / Chiarore di luna ti guida. / L’anima aspetta sull’amaca dell’oblio / che dondola sulla china del monte” (p. 74).

Più di un elogio mi sento di spendere inoltre per i raffinati disegni che intercalano i testi di Volo a metà e sottolineano in modo mirabile e più che appropriato, il significato delle sezioni; plauso che va all’indirizzo di Rosanna Rago; per il suo lavoro artistico, trovo molto indovinata l’intitolazione di “riflessioni grafiche”, riportata in copertina.

Concluderei le mie considerazioni con questo invito e augurio di incrollabile fiducia di Filomena Rago rivolto, immagino, a tutti i suoi lettori, formulato in apertura alla sezione Cerchiara, a p. 26:

“Siate liberi! Liberi di vivere la felicità”, dove il termine ‘felicità’ credo possa essere esteso, a proposito, fra tanti manifesti riverberi profondamente etici qui richiamati, anche all’amore.

3 luglio 2015

Recensione
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