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Significative
le note di commento, nella prefazione di Renato Pasanisi come nell'autocommento dell'autrice: Ivan
Illich, Marcuse,
Pasolini, Baudrillard,
ma anche Goethe, Neruda, Strehler, per dire
della "falsa libertâ", dell'omologazione imposta in cui siamo
immersi a forza. Contro
pre-moderni e iper-modernisti, la poetessa riprende,
anzi rampogna i "nuovi Cesari": "Idoli tecnologici i nuovi Cesari
| virtualità nel
bene | danno reale | roccaforti multimediali | open solo a carte di credito'
"I nuovi Cesari", in op.cit., p. 34, amaro humor (contrariamente a quanto diceva
Concetto Marchesi, essere lo humor prerogativa solo nordica): inutile
qui "sciogliere" con una parafrasi il sèma poetico, che per sua definizione
é/rimane plurivettoriale. Del resto i punti di riferimento esterni si sono giù
dati-indicati, mentre
insistere ulteriormente su singoli aspetti e singole possibilità, nel largo
venaglio che si profila, appare sicuramente pletorico. Altrove (come nella
poesia "Sotto il pino" (2)(2) ibidem, p. 25, oltre al tema e sèma archetipico
riferito ai biblico-mitici progenitori (ormai sappiamo che
Adamo ed Eva erano figure
mitiche, nella Bibbia, anzi più precisamente nel
Genesi, per andare ad extra, al popolo, assolutamente non un dogma imposto, per
cui la coppia mononucleare non nega assolutamente la teoria dell'evoluzione,
bensì dà una rappresentazione, appunto, in termini "popolari-leggendari", tanto
che non a caso Adamo non è
un nome, ma deriva dall'ebraico antico Adàn, quintessenza
del vir, della maschilità - poi divenuto quintessenziale) c'è il tema più moderno di chi
pratica un'intolleranza travestita da tolleranza: "Sotto il pino invento il
sole che non c'è | dell'albero non ho l'indifferenza | sulla vetta d'argilla assieme
ad Adamo scalcia Eva | progresso? (in corsivo,
e.g.) | Sterile nei secoli l'educere | eguaglianza astratto
verbo fratellanza. |
Cintola bassa lo studente | dall'uno all'altro polo | liberté égalitè
fraternité | rifiutano l'opposto... | Scettro in pugno guerre ordinerà senza
preavviso | l'altrui terra preda" (3)(3) ibidem.
Come si diceva, interpretare, anzi
iper-interpretare il testo poetico, qui come altrove (ma diremmo più che altrove) sarebbe un errore, anzi una forzatura assolutamente
imperdonabile, come peraltro ogni azzardo parafrastico, dove il rischio sarebbe
quello di sciogliere
la poesia (l'enigma poetico, sia detto di una poetessa, mai per nulla ermetica, anzi diremmo anti-ermetica
– se il problema ancora si
ponesse) in una prosa che rischierebbe di essere vieto sociologismo (non vera
sociologia, sottolineo). Mi limiterò a citare un altro punto di riferimento
esterno: la triade della rivoluzione francese che nega le altre culture, assunta
a dogma assoluto, quasi non vi fossero
altre possibilità, rimanda a quella straordinaria opera che
è l'adorniana-horkheimeriana "Dialektik der Aufklaerung"
("Dialettica
dell'illuminismo", trad. it. Torino, Einaudi), non certo al fosco quanto
legittimista – ma non banale – "Canto dei sanfedisti" di partenopea memoria. Se
parlassi di semplice "esportazione forzata della democrazia" da parte degli Usa e
dei nei-cons. sicuramente non tradirei le intenzioni dell'autrice, ma rischierei
di limitare-determinare pesantemente non solo significati, ma anche e
soprattutto la complessiva produzione di senso
del
e nel testo. Dal punto
di vista espressivo e formale, si notino le spezzature, gli incisi, veicolati spesso anche con la
scrittura corsiva, quasi degli "a parte", esplicazioni interne meta-poetiche,
mentre le rime interne, le assonanze e le consonanze sorreggono l'impianto
metrico, che non si ritrae mai rispetto al verso libero.
Altrove ("Olio e vino",
che richiama, mutatus mutandis, l'ode hoelderliniana "Brot and Wein"), si ha una
decisa virata nel senso di una contrapposizione decisa tra "mondo opulento"
(anche se ormai... Ma questi componimenti poetici sono ovviamente anteriori
al "nuovo 1929") e paesi sottosviluppati, come anche realtà
del sottosviluppo, sparsi qua
e la, dove l'ultimo verso contiene in sé una monitio che al
tempo stesso è anche rampogna da profeta biblico, per la precisione
vetero-testamentario: "Ai "mostri" verrà
chiesto rendiconto" (4)(4) componimento citato, cfr. sopra.
"Olio e vino", in
op.cit., p. 35, dove però è da rilevare ulteriormente che si vede come ci possa essere una poesia
gnomica per nulla "retorica" (non certo nell'accezione perelmaninao del lemma,
bensì in quella "seconda", ormai invalsa-canonizzata), anzi terribilmente
(sottolineando con forza l'avverbio) attuale. Da qui, voglio dire da questa
analisi, non credo assolutamente si possa ricavare una polemica contro l'ermetismo, i cui frutti nella
poesia italiana sono stati straordinari: da Ungaretti a Montale a Sereni, da
Alfonso Gatto all'ermetismo più propriamente fiorentino (Luzi, Bigongiari, ma
direi soprattutto Parronchi), quanto piuttosto una "messa in quarantena" (si
parva licet...) di quell'ermetismo di ritorno che talora riaffiora
indebitamente...
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Recensione |
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