| |
In questo Simone Weil - Il dominio della Forza e
la Libertà, Antonietta Benagiano, studiosa,
poetessa, scrittrice, già docente di Italiano e Latino nei Licei, attraversa il
pensiero della grande filosofa, scrittrice e pensatrice francese di origini
ebraiche. Inizialmente attratta dal marxismo, poi invece originale pensatrice
"sub signo libertatis"
con un rapporto di profonda
attrazione verso il cristianesimo (lei ebrea, pur se di famiglia più atea che
"laica", dove il concetto di laicismo per un Ebreo è molto diverso che per un
Cristiano e in particolare per un Cattolico, come insegna ogni rabbino
qualificato, ma anche un intellettuale complesso e problematico come il
musicista-attore-regista-drammaturgo Moni Ovadia).
Con le scelte estremamente
forti, quasi shockanti, la Weil seguì né volontariamente né involontariamente
una via "mystica" o esistenzialistica à la Soeren Kierkegaard, rinunciando
all'insegnamento per fare l'operaia, uno dei motivi che la condussero alla
tubercolosi e poi alla morte, in Inghilterra, nel 1943, a soli 34 anni, per non
dire del suo impegno diretto nella guerra civile spagnola, ovviamente con i
Repubblicani, per non dire del suo travaglio religioso, conclusosi, secondo
alcuni con il battesimo, secondo altri, invece, coerentemente con la sua critica
alla Chiesa cattolica come istituzione quale "ortodossia totalitaria", con
un'opzione religiosa personale, ma non confessionale. Rilevando la differenza di
fondo, ma pur anche la analogia con la figura di un'altra grande intellettuale
ebrea, l'italiana, premio Nobel per la medicina e la microbiologia Rita Levi
Montalcini, che fu costretta, a suo tempo, a frequentare il Liceo Femminile, dal
padre agnostico e razionalista ma convinto dei diversi ruoli e delle differenti
destinazioni dell'uomo e della donna, la Benagiano rileva da un lato: 1) come la
Weil sia pietra d'inciampo, con la Montalcini e molte altre donne, a chi, sulle
orme del filosofo Weininger ma anche di tanti altri autori, tra cui lo
scienziato Moebius, sia ancora convinto dell'inferiorità della donna; 2) come la
pensatrice, da eterna e vera "dissidente" metta in crisi le verità date
assiomatiche, rivendicando uno spazio diverso rispetto ai "panlogismi" (Hegel e
Marx in particolare), con una scrittura che, in una dimensione altra, nata e
con-cresciuta alla confluenza tra filosofia, letteratura, teologia, si richiama
sicuramente al citato Kierkegaard, spesso, forse troppo schematicamente,
considerato tout court il padre dell'esistenzialismo, ma si avvicina anche a
quella, per es., del suo contemporaneo, vicino e diversissimo dal suo pensiero
(contraddizione invero solo apparente) Gabriel Marcel. Segnalo ancora che la
Benagiano rifiuta scorciatoie come quelle proposte sia dal pensiero, filosofico
e psicoanalitico di Luce Irigaray e in Italia di M. L. Muraro, quando si parla,
insomma, di "pensiero femminile" e di "scrittura femminile".
Il saggio della
Benagiano, poi, si incentra soprattutto sul tema annunciato già nel sottotitolo,
cioè a dire il rapporto tra Forza e Libertà. Da "partigiana" integrale della
libertà quale opzione di fondo dell'uomo e per l'uomo, la Weil ebbe però il
coraggio di attraversare -come la studiosa nel saggio che consideriamo rileva
con copiosa documentazione- l'orrore del dominio della Forza, come quando scelse
di andare i Spagna a combattere con i Repubblicani, non semplicemente per
combattere la Forza con una forza di resistenza, dove naturalmente la grande
pensatrice non poteva rendersi conto, vivendola, che l'epoca era quella delle
prove generali della Seconda Guerra Mondiale, dove Germania e Italia, ossia
specificatamente nazismo e fascismo, si preparavano in questo modo al conflitto
generale senza peraltro che, poi, riuscissero a convincere il dittatore spagnolo
e leader falangista Francisco Franco y Bahamonde ad entrare direttamente in
guerra al loro fianco, pur garantendo una sorta di "appoggio esterno". La Weil,
anche per merito di questo importante contributo di Antonietta Benagiano risulta
una figura cruciale nello snodo del pensiero moderno, come quando, per es.
insiste, in polemica soprattutto con certe interpretazioni dell'Antico
Testamento (così lo definisce, però, chi è di cultura cristiana, come corre
merito di precisare, in quanto per gli Ebrei non si dà un Nuovo Testamento", un
"passo ulteriore"), mette in scacco, dal suo punto di vista, il concetto di
creazione: La creazione è un'abdicazione... La creazione e il peccato originale
non sono che due aspetti per noi differenti di un atto unico di abdicazione di
Dio. E l'incarnazione e la passione sono altresì aspetti di quest'atto. Dio si è
svuotato della sua divinità e ci ha riempito di una falsa divinità" (La
conoscenza soprannaturale). Testimonianza di una que^te insaziabile quanto
inesausta di Dio, dove la pensatrice non lascia mai fuori la "parte oscura " di
Dio, anche riprendendo concetti gnostici e schellinghiani.
| |
 |
Recensione |
|