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Prefazione a
Un'altra pelle
di Edith Dzieduszycka

Giuseppe Gallo

Gabriele D'Annunzio, nel 1923, in relazione a un suo viaggio in Giappone, descrive il luogo in cui sarà ospite: “...abiterò nel vecchio tempio di legno fra i ciliegi lievi e gli stagni coperti dai fiori di loto e i sorrisi discreti dei bonzi...” (Bibliografia italiana cronologica sulla poesia giapponese. Haiku e altro).

Dalle tonalità delle sue parole gocciola intorno a noi un senso di armonia e di pace. Una fragranza di abbandono alle varie ombre assunte dall'antico tempio, dalla lievità dei ciliegi, dagli stagni fioriti e dai sorrisi dei bonzi. Eh, sì! Siamo alla descrizione, quanto mai lineare e severa, di un giardino giapponese che in forme minimali racchiude e conclude tutto il mondo: catene montuose, spiagge, foreste, rocce, laghi e sentieri. E D'Annunzio conosceva bene le atmosfere dei giardini, non è un caso che il suo Poema paradisiaco, edito nel 1893, fosse un poema dove il termine latino paradisus riacquistava l'originario significato di giardino.

Il giardino Zen, come anche la scrittura, per i Giapponesi riassumono la vita. Tracciare un segno nero sul foglio bianco o spargere onde di sabbia intorno alle rocce e ai tronchi degli alberi, sono per loro, gesti “unici” e “irripetibili”. E solo uno stato d'animo libero da preoccupazioni, passioni o desideri, potrà dare luogo alla resurrezione della natura e alla calligrafia perché queste sono evocazioni sacrali e misteriose. Allora immaginiamolo un haijin passeggiare e sostare tra questi segni della natura e questi segni sulla carta. Immaginarlo? No! Takama Kyōshi, un haijin, vissuto a cavallo dell'Ottocento e del Novecento, lo ha sperimentato realmente:

Vento d'autunno
allo sguardo
tutto è haiku
.

Anche Edith Dzieduszycka sembra volerci dire che “tutto è haiku”. Dalla pura e semplice visione della natura:

                                                            Languida palma
                                                            t'accarezza la brezza
                                                            sabbia d'argento

alla meraviglia ironica dei suoi fenomeni:

                                                            Luna con l'altra
                                                            invisibile faccia
                                                            sempre nascosta

                                                            Un tuono belva
                                                            ruggisce nella notte
                                                            tetro messaggio.

Ma non basta. La Dzieduszycka va oltre. Anche gli animali, compagni della nostra quotidianità, vengono denudati. Spogli di ogni visione lirica o arcadica diventano altro:

                                                            Ci salta al naso
                                                            al minimo pretesto
                                                            la mosca cieca

                                                            Perplesso guarda
                                                            il mondo alla rovescia
                                                            un pipistrello

                                                            Lo sanno tutti
                                                            la rana vanitosa
                                                            scoppierà presto

E così la concatenazione dei suoi haiku rimbalza dalla natura all'arte:

                                                            Nasi spostati
                                                            si diverte Picasso
                                                            con le sue donne

all'erotismo notturno:

                                                            Veste di raso
                                                            lo sguardo che trafigge
                                                            bocca di seta

                                                            Profumo intenso
                                                            Chanel Cinque sicuro
                                                            gioia dei sensi

                                                            Alto sta l'orlo
                                                            infossata la valle
                                                            morbida polpa

fino a quel serrato dialogo “tra un Lui e una Lei che si ritrovano smarriti dopo qualche anno di separazione”:

                                                            Ma che buffone!
                                                            Perché dici fandonie?
                                                            Tu non m'inganni

                                                            Sono pentito
                                                            e non dico bugie
                                                            te l'assicuro

Ecco, allora, il punto. Il percorso che Edith Dzieduszycka ci propone non ruota intorno alla natura, al giardino Zen e alla sacralità della scrittura come per i Giapponesi. La Dzieduszycka non cerca spazi in cui abbandonarsi alla pace, all'armonia e al silenzio. I suoi vuoti non sono luoghi di meditazione e di contemplazione. Non insegue simboli attraverso i quali riscoprire orizzonti di felicità e di benessere. Non desidera possedere un “sogno reale” per ritornare alla semplicità originaria del mondo dove favorire la propria perdita e il proprio “trasumanare” nelle molteplici forme e metamorfosi dell'universo. No! Mentre i giardini Zen e la scrittura giapponese ruotano intorno al “mistero”, lei insegue altro. Lei cerca l'uomo. Ed è intorno a lui che la poetessa, pittrice e fotografa, Edith Dzieduszycka naviga, immergendo nella sabbia e nell'acqua la forza dei suoi fragili haiku.

Il titolo è esemplare: Un'altra pelle. E l'immagine che lo accompagna è quella del camaleonte. Ecco! La poetessa trasmigra continuamente da una situazione mentale all'altra. Dalla logica puntuta all'ironia. Dalle sezioni uno, due, tre, quattro dove “Sta riscaldando” come una “serpe sulla pietra / la pelle al sole”, giunge a Sotto la brace, l'ultima sezione della raccolta. Che ci sarà sotto? Cenere o tizzoni ancora ardenti? Il viaggio è in corso. Ma è un viaggio di purificazione. O di implicazione?

                                                            Scarsa la luce
                                                            il gioco si fa duro
                                                            andiamo al sodo.

Secondo alcune suggestioni alchemiche, un altro animale, la salamandra, anch'essa “camaleontica”, nonostante il fuoco tenti di infiammarla e divorarla, non potrà mai incenerire e disperdersi come polvere. Muta sì, ma non scompare. La morte è un'apparenza! Anche noi cambiamo vestito, ci denudiamo sì, ma la nudità è il vestito della rinascita e della trasformazione. Dice un vecchio adagio: “la salamandra vive in mezzo alle fiamme senza provare dolore o morire”. Vive nel fuoco, ma per giungere all'essenza dell'Io! Così Edith Dzieduszycka sperimenta sé stessa, cambia pelle, si denuda, torna indietro, avanza e retrocede. E ne è consapevole. Da una parte sa che sta utilizzando gli haiku non per ciò che questi sono all'interno della tradizione culturale dell'estetica giapponese, ma per ciò che questa forma poetica le può permettere: Un’altra pelle potrebbe intendersi anche in quell’ottica e quel desiderio di evadere dai sentiers battus!.” In effetti la sua attenzione intellettuale e la sua creatività cercavano una struttura che potesse scalfire la prosopopea della versificazione lineare francese e italiana per costringere se stessa alla “brevità” e alla “essenzialità”. È il famoso “risparmio verbale” di cui parlava Zanzotto. E lo haiku è proprio questo. Balenio di una saetta, abbaglio di uno specchio. Allucinazione. Intuizione. Frammento, chiuso e rotondo. Spesso sotto forma epigrammatica. Si vedano, a questo proposito, gli haiku presenti nelle sezioni due e tre. Sicuramente possiamo affermare che la Dzieduszycka usa la forma haiku per superare i polinomi frastici, la sovrabbondanza verbale e dispersiva di un certo linguaggio poetico. Il suo è il tentativo di ammutolire, continuamente, di giungere, attraverso ogni haiku all'origine della parola “scandita” dall' arsi e dalla tesi, dal ritmo del battere e del levare, un ritorno al respiro, al soffio del vento, quasi “insonne foglia / sveglia nel buio”.

Così, haiku dopo haiku, soprattutto nelle ultime due sezioni, la quattro e sotto le braci, assistiamo al riemergere del discorso. Un discorso che diventa punteruolo, elsa di spada, che inquadra e squadra l'informe, il non detto, il taciuto, l'inconfessabile. È come se l'incontro/scontro, fra “Lei” e “Lui” volesse travalicare il legame umano e la mimesi con l'ambiente circostante, per diventare, solo e soltanto, attrito e pulsione… d' amore:

                                                            Noi due - qui - ora
                                                            significa qualcosa
                                                            Non puoi negarlo.

No! Nessuno può negarlo! Né “Lei” “Lui”, ma neanche, aggiungo io, gli haiku, attraversati dalla stessa tensione di senso.

Dicembre 2021

P.S

Cara Edith, spero che basti. Se hai qualche riserva sul contenuto delle mie annotazioni, dimmelo senza alcuna remora. Ho “ingiallito” alcune parole e alcuni versi dei tuoi haiku perché non sempre corrispondono alla simmetria: 5/7/5. Alcune volte chiudi il quinario o il settenario con particelle monosillabiche o tronche; nella metrica italiana, alla fine del verso, queste contano per due. Io te le ho segnate solo per scrupolo. Vedi tu. Si tratta sempre di scelte di gusto personale…

“ I ninfea”, termine che usi per Monet, in italiano generalmente vanno declinati al femminile, cioè “le ninfee” per le piante d'acqua… se volevi indicare “i ninfei” che equivale ad alcove, tempietti sull'acqua, ecc. allora siamo in altro campo.

Ti ho segnalato anche “glie lo”; in lingua moderna usiamo “glielo”; la tua forma non è scorretta, ma è usata, ormai, di rado.

Ti auguro buona lettura e felici vacanze natalizie. Se hai bisogno di ulteriori chiarimenti sono a tua disposizione. Cordialmente, Pino

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