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Poesie controcorrente e racconti in versi

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Breve ma intensa questa silloge dal titolo Poesie controcorrente, che ha un sapore antico, come l 'immagine di copertina, una donna con cappello e veletta dei primi anni del vecchio secolo. Poesie controcorrente, già queste due parole racchiudono e annunziano il programmatico intento di una creazione "diversa", che risalga al contrario l 'onda di una modernità troppo spesso ermetica, autoreferenziale, compiaciuta di sé e della parola, che la esprime.

In effetti. fin dal primo approccio la poesia di Dainotti rivela, dietro la sua apparente semplicità, il bisogno di un recupero emozionale, volto a inseguire alogicamente attimi, immagini giacenti in una zona di fondo, dove tutto sembra silenzio c. invece, dove tutto giace, come in soffitta, in attesa di essere magicamente, ma non casualmente, ritrovato. E, dunque, sollevando con grazia la veletta del tempo, per guardare oltre il contingente o per cercare in quel contingente i l segno, semplice e a un tempo incisivo, di un quotidiano da trasfigurare ed eternare, il poeta offre alla parola poeticamente discorsiva, quasi, come recita il sottotitolo, un racconto in versi, la leggerezza del sogno e il fascino dell'indefinito, che – come insegna il nostro Leopardi – ama la musa poetante.

Così, un "piccolo Caffè" diviene il luogo appartato dell'incontro e della parola amorosa, il corpo dell'amata la tastiera di musiche "malinconiche, ardenti", la littorina per Vimercate, il luogo in cui la moviola vede sfilare signore "eleganti / con ombrellini al braccio". Luoghi e personaggi, che sembrano balzare da un prezioso album in bianco e nero, per rivivere in uno spazio privilegiato, senza il "reo" tempo, fermati nella loro fuga, inarrestabile e ineliminabile, da una poesia appunto controcorrente, capace di ricreare l'incanto con la seducente, spesso struggente, sensualità delle immagini, sia pure tra gli oggetti e i posti della quotidianità, le sonorità carezzevoli dei versi lenti e ariosi.

Ma non sono da sottovalutare in questa poesia i dettagli, il cappello, l'edicola, i piatti, i quali, alla fine di un amore, "tornavano in cucina ancora intatti", che accompagnano queste ricostruzioni à rebours, talora addirittura sottilmente ironiche, talora invece malinconiche, nel presagio e nella consapevolezza della fine, come recitano questi versi: "È l 'acqua primordiale della nascita, / che ti culla e ti invita ad annullarti, / come una macchia, nella nuda terra".

Poesia raffinata, che nella discorsività, non esente però, come già detto, da un interno melodioso ritmo, evoca "i fidanzatini di Peynet", "una creatura di Allan Poe", utilizza sapientemente espressioni straniere, fingendo nel dialogo, nella battuta sorniona, una frammentarietà da appunti, come di cose leggere e ordinarie, ma ben conscia, a parere di chi scrive, di creare, come bene sottolinea Paolo Ruffilli nella prefazione "una personalissima mitologia del quotidiano"; mitologia, che, sull'onda lunga della memoria e dell'elegia, sa - come ogni vera poesia - vincere la polvere del tempo per eternare nel canto attimi inestimabili della propria vicenda esistenziale.

Recensione
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