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Centenario della Grande Guerra

Damnatio memoriae per il generale Cadorna

Immagine storica Generale Luigi Cadorna

La strategia promossa dalla gerarchia co-promotrice della Grande Guerra, Cadorna prima di tutti, contemplava in zona di combattimento il dovere per le truppe di ubbidire ciecamente e prontamente all’ordine di assalto suicida o di costituire una barriera di carne umana al cospetto del nemico.

Accaddero così atti d’immane sacrificio, sovente inefficaci quanto inutili, aggravati dalla minaccia di fuoco amico alle spalle qualora indietreggiassero.

Univa via è aperta al cospetto del nemico, o l’onore o la morte! Chi si arrende subirà la pena capitale a fine conflitto e chi indietreggia sarà colpito dai proiettili dei nostri carabinieri.” Questo il messaggio diramato dal generalissimo.

Caporetto però fu la palude in cui si arenò lo stesso Cadorna, il quale, per uscirne con dignità, dichiarò che la sconfitta era stata dipesa dalla cedevolezza delle truppe e innanzi tutto dal tradimento delle brigate della Seconda Armata, provenienti dal centro-sud, additando severamente la Brigata Foggia assieme alle altre.

La cruda realtà, invece, avrebbe posto in luce l’imperizia strategica e l’incoscienza dello stato maggiore, Cadorna in testa, responsabile inoltre di tantissimi caduti e invalidi e d’infamanti decimazioni che mandavano al patibolo miseri innocenti, la cui unica colpa era quella di essere stati colti da umano panico al cospetto di una morte certa.

Ai plotoni d’esecuzione, per giunta costituiti dai loro stessi compagni di sventura, sarebbe toccata l’identica sorte se si fossero azzardati alla disobbedienza.

Disgraziati e persistenti eventi al fronte che non potevano non demolire gli animi dei combattenti.

Le truppe e le loro famiglie erano tutte consce che la guerra così condotta da Cadorna avallato dai corresponsabili militari, politici e borghesi non sarebbe stata mai vinta e tra il popolo serpeggiava l’ironia e la satira, evidenti in questa strofetta di un noto canto popolare d’epoca.

Il general Cadorna ha scritto alla regina
“Se vuoi veder Trieste te la mando in cartolina”
Bom bom bom
Al rombo del cannon.

La trionfante controffensiva di Vittorio Veneto avrebbe infine riscattato l’onta calata dalle calunniose dichiarazioni del generale Cadorna, il quale era stato rimosso per lasciare lo scacchiere a Diaz, il generale della vittoria.

Il genovese Ottavio Giorgio Ugolotti, attore dialettale, scultore minimalista ed editore, ispirandosi al libro “Di qua e di là del Fiume” (autore il firmatario di questo articolo), ha inviato una lettera aperta al Comune di Genova, agli organi di stampa Il Secolo XIX e La Repubblica, dichiarando che “ci disonoriamo per il fatto che una via della nostra città sia stata dedicata al suddetto generale” proponendo pertanto che ne sia cambiata l’intestazione sostituendola con i “Caduti sul lavoro”.

Il diritto romano in età repubblicana già prevedeva che il “praenomen”del reo fosse cancellato da tutte le iscrizioni.

Tale condanna ebbe una più decisa evoluzione durante l’impero, quando fu ribattezzata Damnatio memoriae (condanna della memoria); essa poteva colpire anche chi era già morto e comportava l’eliminazione del nome dalle opere pubbliche, la demolizione di eventuali monumenti eretti a sua rievocazione.

Nell’escludere lo specifico costituzionale riguardo il fascismo e i suoi attori, il nostro codice non prevede una simile condanna ma non si può non volgere il pensiero a quella “legione” d’incolpevoli figli, padri e mariti fucilati o impiccati sommariamente dalla loro stessa patria e che da questa attendono doverosamente la giustizia riabilitativa che spetta loro di diritto.

Cogliendo l’opportunità del Centenario della Grande Guerra, c’è da associarsi alla proposta di cancellare finalmente in ogni comune l’ignominia della denominazione, preferendo che la via o la piazza si riqualifichi dedicandola anche ai “Caduti delle decimazioni”.

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