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Racconti intorno al braciere / Nuovi racconti intorno al braciere
Questi racconti di Anna
Marinelli, e di altri tratti liberamente dalla tradizione popolare,
contengono un magnifico strumento per onorare le tradizioni della sua gente,
una bambagia culturale sulla quale ha ritrovato il potersi felicemente
adagiare, nutrendosi ancora di tutte le meraviglie legate alla fanciullezza.
Non solo, la sua è una opera di gratitudine verso una generazione di nonne,
inestinguibile nel cerebrale degli uomini; infatti, è lei a riportare in
autocitazione che
“le nonne estraggono dalle tasche/ antiche storie per orecchie grandi di
bimbi,/ che nessuno riesce a saziare”. E si è perfettamente in armonia col suo
pensiero nell’esprimere che le leggende sorgono dalla memoria popolare e si
tramandano nelle generazioni con tutto quel patrimonio di mistero e fantasia
e, ancora, nel redigere, quale segmento illuminante, la stupenda verità per
cui miti e leggende, li cunti nel suo dialetto salentino, sono
sempre confluiti
“a esorcizzare la cruda realtà quotidiana, fatta di sacrifici e di duro
lavoro.”
Enunciare quel luogo comune che vorrebbe i libricini da leggere tutto di un
fiato, non risuona correttamente di queste pagine poiché esse racchiudono
secoli di vita e di avventure umane e pertanto nello scorrerle si scopre di
esserne il fruitore, non certo un semplice lettore, avvertendone
straordinariamente il sapore e l’odore della dimora genitoriale.
La messa dei defunti
da “Racconti intorno al
braciere” 2018
I nostri nonni,
seduti intorno al braciere, spesso raccontavano di ciò che accadde a Rata di
Viruddu
1
una notte d'inverno di tanti anni fa. Si raccontava che la notte tra l' uno
e il due novembre i defunti uscissero in processione per le vie del paese e
che, a ogni crocevia, celebrassero una cerimonia. Molte persone dicevano di
aver visto questa processione e che addirittura una donna avesse assistito
alla messa dei morti che pare si celebrasse a Mezzanotte. Rata, donna
devota, avendo sentito suonare le campane della chiesa, si era recata a
messa e lì si era accorta di non conoscere nessuno dei fedeli che stavano
assistendo alla funzione. Una di quelle anime, che in vita era stata la sua
madrina, incontrando il suo sguardo sbigottito, le fece segno di andarsene
prima che il prete alzasse l'Eucarestia, altrimenti sarebbe rimasta per
sempre nel regno dei morti. La donna, spaventata, si precipitò fuori dalla
chiesa e mentre le porte stavano per chiudersi, il suo scialle restò
impigliato nella porta della chiesa alle sue spalle. Il mattino seguente
raccontò a tutti ciò che le era accaduto; alcuni, credendo che avesse
sognato, andarono in chiesa dove, effettivamente, trovarono un lembo dello
scialle ancora impigliato nella porta.
NdA: trattasi di una leggenda molto popolare nel nostro Salento. Ogni
scrittore (Genius loci) l'ha adottata a suo piacimento per trasmetterla ai
posteri, così come mi sono permessa di fare anch'io.
1
- NdR: Nell’onomastica salentina, Rata è l’ipocoristico di Addolorata mentre
Viruddu è dal diminutivo di Saverio cioè Saviruddu-Viruddu.
Anna Marinelli,
nella nota, formula un’autentica verità poiché la storia che si narrava in
altro luogo diceva, in maniera diversa, di un ambulante forestiero, venditore di
cocomeri, che pernottava accanto al suo bancone fuori della chiesa, il quale,
nell’osservare una inusuale processione di devoti ben ammantati, che a
mezzanotte scoccata si recavano in chiesa per una messa, pensò bene di
accodarvisi per trascorre così con la fede una parte della notte. Mentre
cominciava a rendersi conto con inquietudine che quei fedeli incappucciati non
avevano il naso (teschi), fu qualcuno di loro ad ammonirlo perché fuggisse via
immediatamente sennò, dopo l’Eucarestia, non sarebbe più sortito dal regno dei
morti. Un esempio, questo, di una teoria infinita di fole che dalle Alpi alla
Sicilia hanno percorso il nostro paese, talvolta sconfinate dal continente. Esse
possiedono un filo conduttore comune, diversificandosi però nei dettagli, i
quali, adattandosi alle culture e alle particolarità locali di credenze, può
accadere, che ne trasfigurino la narrazione e si è così convinti che la storia
sia originaria del posto ove narrata.
Eclatante il misterioso accadimento, rimbalzante da una regione all’altra,
mutandone i particolari, in cui si narra di un commesso viaggiatore, il quale
aveva rischiato d’investire due donne mentre attraversavano incaute la strada in
completa oscurità. Tutti e tre, spaventati del passato pericolo, entrano nella
vicina casa abitata dalle malcapitate per rimettersi con un bicchierino di
rosolio in salotto. Quando l’uomo rientra in albergo constata di aver
dimenticato l’accendino d’oro dalle signore e si prefigge di andarci al mattino.
La sorpresa che gli accappona la pelle è che ritrova l’edificio deserto,
abbandonato, del tutto decadente e con gli infissi spalancati, ma con il suo
accendino a terra in una stanza vuota, dove la sera passata, invece, era ben
arredata e lui comodamente seduto in una poltrona. Da un vicino, accostatosi
incuriosito della sua presenza, al quale chiede chiarimenti, viene a sapere che
le signore, madre e figlia, proprietarie erano decedute da anni, investite da
un’auto mentre attraversavano la strada sotto casa.
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Recensione |
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