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Ha l’odore dei panni insaponati questo
delizioso racconto che ha come protagonista Maria, ventitreenne stanca ed
arrabbiata, dalle mani arrossate, gonfie e piene di tagli, che coltiva un unico
grande desiderio: quello di essere indipendente e di andare a vivere lontano
dalla nebbia che avvolge la Piegora, la sua casa natia. Così, quando Francesco Schioppalalba
la chiede in moglie non sa dire di no e comincia a sognare ad occhi aperti. Non
immagina che quell’uomo la considera una bestia da soma, un valido aiuto per
tutte le stagioni, e che ad attenderla è una vita fatta di contrarietà e di
fatiche ancora più grandi di quelle che ha lasciato dietro di sé.
In una cornice dominata dalla brina
che imprigiona la natura e da un silenzio rotto dalle urla della gente scampata
miracolosamente ai bombardamenti del primo conflitto mondiale, Maria non si
perde d’animo. Coraggiosa e indomita, attraversa, con il fardello di doveri e di
bisogni non realizzati, quegli anni in cui alle donne non è ancora concesso di
vivere senza la tutela patriarcale, pronta a concedersi, dopo la morte di
Francesco, l’ultima possibilità di amare e di essere ricambiata. A fare da
contorno alla sua esistenza provata dal dolore ci sono Adele, la gnagna
Isa, Adolfo e molti altri personaggi, le cui storie si intrecceranno con la sua,
conferendole ulteriore spessore.
Si trova di tutto in questo testo:
l’amore, la disillusione, il sentimento dell’odio e del perdono, la nostalgia
per il proprio passato e per le proprie origini, nonché un quadro degli eventi
storici del tempo che fanno da sfondo alla vita della protagonista e della sua
famiglia. Tematiche, queste, affrontate con toni pacati, dalle venature talvolta
malinconiche, che hanno il pregio di catturare il lettore e di renderlo
partecipe di alcune dinamiche sociali oggi per lo più superate.
Ma il vero punto di forza del romanzo è
un altro: l’abilità della scrittrice di essersi saputa calare nell’intimità
della protagonista, riuscendo ad esprimere il groviglio di sentimenti che si
agitano nella sua anima. Nel suo raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso,
c’è spazio per un diffuso lirismo e per delle immagini indimenticabili, come
quella del vento che soffia sollevando le foglie gialle, rosse, ocra e marrone,
figlie di un autunno che tarda a morire.
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Recensione |
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