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Sintonie d’interprete
Se è vero che «ogni libro rappresenta un pensiero, un mondo, un punto di vista»,
come sosteneva la Suora teologa Antonietta Potente in Un bene fragile.
Riflessioni sull’etica, i campioni messi insieme in questo saggio da Emerico
Giachery sono esemplari nel restituirci le stagioni umane e filologiche
vissute dall’umanista.
È lo stesso autore a definire tali le sue scelte, che vanno dal Canto XIII
dell’Inferno a Giuseppe Gioacchino Belli, “un amore di gioventù”, a Verga,
D’Annunzio, Pascoli e Ungaretti, che con il nostro studioso condivide lo stesso
mese e giorno di nascita, e per il quale egli afferma di avere nutrito forse
maggiori sintonie.
Questi frutti di un’attenta e profonda vendemmia interpretativa, messa
a disposizione dei suoi allievi e di quanti vorranno goderne, portava avanti per
anni con passione, rendono il saggio interessante sotto un duplice aspetto.
Quello prettamente didattico, per cominciare, che ha potuto avvalersi della
frequentazione di manoscritti, di plongée nell’intimità degli autori
esaminati e di perlustrazioni in alcuni dei luoghi a loro più cari in modo tale
da entrare in sintonia con l’atto creativo.
Vi è, poi, l’aspetto interiore, scandito dalla dedizione a un “lavoro”, quello
dell’insegnamento, che sgorga direttamente dall’amore per lo “studio”. Perché
come affermava la già citata Suora teologa Antonietta Potente esso «è un
prezioso atto etico nei confronti della vita».
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Recensione |
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