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Romanzo implicito, chiuso come in uno scrigno, ad una prima lettura non sembra rivelare i messaggi racchiusi nel suo ben tessuto ordito apparentemente quadruplicato in quattro punti di vista quasi tutti quanto mai decentrati in cui la protagonista – e tale dovrebbe essere Tahith Qurratu ‘l-Ayn, la poetessa di Qazvin nonché la donna che leggeva troppo, come ci suggerisce il titolo – quasi mai appare in prima linea, ma solo qua e là squarcia il mistero della sua presenza più spesso come carcerata e perseguitata all’interno di una storia ambientata nel cuore dell’Ottocento persiano.

In un tempo narrativo non lineare, ma circolare, in un continuo gioco di anticipazioni e rimandi o di posticipazioni e approfondimenti di ciò che il flusso del tempo ha già distrutto, in cui azioni presenti e passate sembrano simultanee e concentrate in una struttura altamente drammatica, secondo una tecnica cinematografica, in un andamento ondivago che si fa sempre più teso e intenso fino a sfiorare l’epicità, la poetessa si stacca dal sanguinoso teatro in cui è immersa l’azione e suggerisce, con la sua intelligenza chiaroveggente, gli eventi futuri e prefigura un corso più umano della storia, contestando, fino al martirio, proprio lei l’unica donna intellettuale libera, la società oppressiva ingiusta sotto il regno di uno Shah inetto che, Re dei Re e Centro del mondo, non sa porre rimedi a carestie ed insurrezioni.

Tuttavia la poetessa di Qazvin conserva sempre il suo alone di mistero e la sua inafferrabilità, perché non è solo una femminista ante litteram, ma è soprattutto un’eretica come donna e come discendente dal fondatore della fede Babi che si oppone al malgoverno dello Shah.

Molto adombrato è, nel romanzo, anche il tentativo di composizione di un conflitto latente tra potere religioso e potere politico, tra teologia e giurisprudenza, conflitto, che, esploso nel Novecento, ha dato luogo a fatti storici a noi molto vicini.

Romanzo storico o romanzo storico e d’invenzione? Romanzo metaforico? Resta sullo sfondo la presenza ingombrante delle ambasciate occidentali, che non riescono ad imporre un modello europeo ad un Oriente giudicato molto arretrato e barbaro e, invece, già illuminato dal brivido del nuovo, rappresentato dall’influsso religioso e letterario della poetessa di Qazvin.
Recensione
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