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L'arte nella sua pluridimensionalità assume
costantemente nuove valenze in rapporto alla concezione esistenziale del momento
umano e considera lo spazio temporale in cui nasce l'opera. Non in assoluto
giacché l'opera d'arte di alto spessore diviene universale, precorre i tempi, va
oltre i tempi. Dunque non mi sorprende la nuova recente opera di Antonietta
Benagiano, un dramma in tre atti dal titolo emblematico La soluzione,
un'artista a tutto tondo impegnata in diversi generi letterari di cui conosciamo
gli esiti lusinghieri e il forte spessore creativo.
Poeta di talento, narratrice di razza, sapiente
saggista, le sue opere compendiano un tutto unicum una intera vita di
esperienza, specchio fedele d'un percorso interiore esistenziale, umano e
religioso che travalica il tempo, scandito da un nitore raro ai nostri giorni e
di una densità non facilmente riscontrabile, nel sostegno del suo bagaglio
culturale e della sua abilità lessicale semplice e sontuosa.
Il dato più significativo di La soluzione è
quale soluzione tenta di trovare Antonietta Benagiano che non vuole imbrogliare
nessuno, né promettere altri mondi, è solo il nostro mondo che va riveduto e
corretto. Geniale quindi, in questo dramma, la collocazione dei personaggi su
di una piattaforma aerospaziale pronti a partire verso una ignota trasposizione
con il consenso di tutti a voler cambiare dietrologia alcuna e riportarci a
dimensione umana. Che emozioni, che riflessioni sa trasmetterci la Benagiano. Mi
piace la centralità dialogante di Mike e Mary. Mary (Eravamo bambini quando è
cominciata la rovina totale...) Mike (Era tanto tempo fa. C'erano le
stagioni...) Mary (Non si è trovata la soluzione definitiva...). Aggiungo che
non è troppo tardi.
La soluzione-messaggio di questo dramma
l'abbiamo solo noi nel pugno non come segno di violenza, bensì come carezza
d'amore. Ricominciamo dal principio a ritrovare l'identità per poter vivere,
indagare il passato per sapere chi siamo, correggendoci e liberandoci dalle
mistificazioni.
Senza andare altrove, né voli fantastici,
Antonietta Benagiano racconta dalle polverose tavole del teatro, appena il rosso
magico sipario si alza, recitando la complessa umana natura. Conviviamo tra
nobiltà e viltà, o entrambe, ma quello che può resistere nell'uomo è la capacità
di amare.
Un testo davvero originale
che può rivitalizzare il teatro contemporaneo, dialoghi brevi e ben dosati,
fortemente emotivi, che ci presenta un uomo che perdendo i contatti col mondo ha
perso la propria sanità mentale. Il recupero bisogna volerlo cogliere, la storia
cambia con l'amore, tripudio colorato che arricchisce.12 marzo
2011
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Recensione |
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