| |
L’Italia, amata
e declamata per i suoi splendidi paesaggi naturali, la Sicilia degli ulivi e
degli aranci; isola delle tante “razze che plasmarono i suoi fianchi”.
Terre dalle mille contraddizioni, amate e vituperate dai nativi, eppure da altri
vagheggiate come sogni: “Italia fu il grido all’approdo | nella notte dei
profughi, | Italia era la luna fra le nuvole, | Italia era la terra | la
speranza e il sogno | che da un solco di là dal mare | spiegava ali di promesse”
(Sogno albanese, p. 38).
Sono parte dei
temi che affronta Carmelita Randazzo Nicotra nella sua opera in versi dal titolo
Voglia d’infinito, edita a Catania dalle edizioni Greco. Docente presso
la scuola media Brancati di Catania, Carmelita Randazzo veste con un linguaggio
limpido una molteplicità di temi con immagini emotivamente dense: “Dall’alba
a notte fonda | china sopra la terra nel più vasto | grembo mi insegnavi a
pregare | ed a sfogliare il libro della terra, | con la dolcezza di una ninna
nanna. | Ma quercia tu eri e contendevi | al vento il connubio d’amore | del
padre sole e della madre luna | nel dolce succo della spremitura. | In collina
correvi tra i dirupi | incurante del vento e dell’arsura | nel petto un’idea
forte: | portare a compimento la raccolta. | Erano perle quelle olive | ed i
panieri colmi per incanto, tu incidevi i cafisi in un virgulto | e i tuoi occhi
vigili e mai stanchi | riposavano a sera al fuoco del camino” (La
raccolta delle olive a mia nonna Gaetana Mastroeni, p.72).
È una poesia che
spazia nel tempo e si dilata per le strade del mondo, che affonda lo sguardo nei
meandri dell’anima e che si eleva al cielo per colloqui spirituali. È poesia
nutrita da una colta sensibilità che si duole dei mali della guerra (Saraievo) e
si interroga sul senso dell’esistenza (Pantalica), che contempla sgomenta e
pudica la povertà di lande desolate della terra (Etiopia) e trepida per il vento
che “bussa alla coscienza | sepolta in cassaforte”. S’avverte anche il
leopardiano stupore di sogni infantili che in età adulta diventano “senza
respiro”: “Il fuoco bruciava stoppie di campi | e le illusioni alla balaustra
della casa, | testimone remota d’altri fasti. | (…) Non eravamo più quelli di
ieri, | e non siamo noi quelli di oggi, | invadenti invasi dal mille brame, |
nella lotta impossibile del vivere | verso traguardi sempre più lontani.” (L’ombra
e le sue luci, p. 28).
La poesia di
questa autrice è il palpito di una intelligenza estroversa e meditabonda che
scruta con acume il mondo circostante irto di spine che graffiano l’animo e
stillano il sangue della umanità i cui fiotti si leggono tra le pagine,
raggrumati in mezzo ai righi che descrivono “l’uomo | in solitudine | (che)
trascina la sua Croce”.
| |
|
Recensione |
|