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Pass dopo pass
E' una raccolta di sessanta
sonetti – un “pezzo raro” nella poesia italiana d'oggi – con cui Lilia Slomp
Ferrari canta uno scavo profondo nell'io, tra la rimeditazione di momenti
dolorosi della vita e il dialogo con la natura, nella bellezza imponente delle
Dolomiti. Questo è il filo conduttore della raccolta Pass dopo pass,
edita di recente dalla Biblioteca dei Leoni.
Il viaggio della vita è
cantato in dialetto trentino (per essere più precisi: nel dialetto di Trento
città, ben diverso da altri come il roveretano, il gardesano o il noneso). Il
tragitto dell'io si profila nel confronto tra il presente e il passato carico di
ricordi; attorno a sé la poetessa avverte: “Pugnalade de vènt ste mé montagne /
che ziga ‘ntra le nebie de l’autun” (Pugnalate di vento queste mie montagne /
che urlano tra le nebbie dell'autunno). Centrale nell'orizzonte d'anima del
libro è la ferita, mai cicatrizzata, della perdita di un fratello morto anni fa:
“Te me strucavi l’ocio da lontan / la to risada me scaldava i ossi” (Tu mi
strizzavi l'occhio da lontano / la tua risata mi riscaldava le ossa). Mentre
altri testi indugiano su svariati momenti della quotidianità, altri spaziano
nella storia, come la poesia che ricorda il dramma dei lager nella seconda
guerra mondiale, in un universo chiuso e mortale dove: “ziga i sièli, sangiòta i
camini” (urlano i cieli, singhiozzano i camini).
Elemento portante della
raccolta è la scelta ritmico-compositiva del sonetto, metro classico per
eccellenza della poesia italiana, ripreso nel Novecento – tra gli altri - da
Rebora, Caproni e Raboni. In anni in cui troppi poeti – o sedicenti tali – in
tutta Italia non si sono mai cimentati con nient'altro che non fosse il verso
libero, una raccolta di sonetti assume di per sé un peso specifico rilevante.
Lilia Slomp Ferrari sa poi modellare il dialetto trentino (che nella poesia
italiana degli ultimi due secoli ha avuto un peso e una fortuna assai minori di
altri, come il veneto, il romanesco o il napoletano) con sonorità, ritmi e
immagini che non si dimenticano.
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Recensione |
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