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Alessia e MirtaAIessia e Mirta è una silloge di versi redatta da Raffaele Piazza (Napoli, 1963) subito dopo Alessia, una raccolta precedente prodotta dall’Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano nel 2015, che subito apre alla curiosità su come possa un poeta titolare per ben due volte un libro inserendo lo stesso nome di donna. Evidentemente l’argomento non si era esaurito con la prima pubblicazione, ma sorge anche la domanda su cosa possa rappresentare per l’autore questa donna o questa figura o, perché no, questa metafora alla quale nella seconda pubblicazione affianca un altro nome femminile, Mirta, che, però, nel libro non trova l’ampio spazio dedicato alla prima.
Una scelta ardua, quella che opera Raffaele Piazza, coraggiosa da certi punti di vista, emblematicamente resa manifesta nell’indice del libro, dove ci si ritrova come in un cinema muto la cui pellicola, a fine proiezione, sganciata dal macchinario, reitera sempre lo stesso fotogramma, lasciando allo spettatore solo il suono di un inciampo, di un ostacolo da cui difficilmente ci si riesce a liberare, fino a restarne allucinati, drogati, inebetiti. Perché il rischio che si corre con tale abuso è di perdere di vista tutto il resto: superata la naturale curiosità dei primi eventi, si entra in un meccanismo di perversione, violando la sacralità del non detto che in poesia ha un ruolo importante. Forse, ma è un parere tutto personale, eliminando i titoli, si sarebbe ottenuto un effetto più armonico e maggiormente coinvolgente. Perché non tutti siamo curiosi morbosi tali da poter vivere con serenità questo libro. Oltrepassato ciò, la poesia di Piazza si conferma anche in quest’opera di stampo diaristico, minuziosa nel dettaglio, originale in alcune trovate linguistiche, degna di questo tempo, in cui per la maggior parte delle persone le giornate non assumono sfumature particolari e si realizzano tra abitudinarietà e vizi da fruitori di mezzi di comunicazione di massa. Perché scorrendo le pagine di Alessia e Mirta si ha un po’ la sensazione del Grande Fratello seppur con una veste da sera, quella della poesia, con gli occhi sbarrati su uno schermo e ormai incapaci di molte cose. Resta però il fatto che una poesia simile, destreggiantesi tra le piccole cose e quel gradito (ai più) grado di orizzontalità, è bene accetta, oggi, da lettori ormai avvezzi ad un certo livello letterario, supportata anche da nuove tendenze che mirano all’instaurarsi di correnti poetiche (ri)fondate sul non senso e sull’alleggerimento di pensiero e contenuti, assolutamente aderenti ai nuovi processi cognitivi di questi ultimi anni, dove le domande fondamentali sono in via di estinzione e il relativismo fa il resto. Oggi, tutta la poesia è una buona poesia, per molti, per troppi. Ma non si vuole, in questa sede, utilizzare la silloge di Rafaele Piazza per fare critica al sistema, me ne guarderei bene; sta di fatto, purtroppo, che la Poesia ha, tra i suoi dolenti ruoli, anche quello di far riflettere il lettore ed io non mi sottraggo a tanto. Dopo queste riflessioni, non risulta fuori luogo pensare che “Alessia” sia proprio il tempo e soprattutto il tempo che passa e che la sua reiterazione altro non sia che l’umano e comprensibilissimo gesto di trattenere - per le ragioni più disparate e, in questo caso, da ritenersi tutte plausibili - quello che si sa benissimo non tornerà più. “Mirta” è, invece, l’incursione dell’evento fuori dall’ordinario, che sia un ricordo o un desiderio non fa differenza; senza entrare nel dettaglio del rapporto che intercorre tra il poeta e le figure di cui scrive, ma limitandosi alla lettura dei testi, Mirta è colei che finalmente spezza la routine, ma di cui il poeta sembra avere quasi timore mentre corre e scorre la sua vita interamente votata e dedicata ad Alessia. [Angela Greco AnGre]
Alcune poesie tratte da “Alessia e Mirta” Alessia a Roccaraso Treno, ferrovia locale dalla Alessia al matrimonio Aria di festa azzurra di cielo Mirta nel mio specchio Sei nel mio specchio, Mirta, Alessia appassionata Sera di profumi di fiori |
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