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Geografie di un orlo
il sasso nello stagno
S’apre come territorio a margine di due luoghi precisi e
confinanti, l’esordio letterario di Emilia Barbato, Geografie di un orlo, dove l’autrice racconta di sé a se stessa, di quanto accaduto
così vicino da poterlo quasi ancora toccare, ma ormai così passato da essere
altro ed altrove. Suddivisi in tre momenti (Frattali, Geografie, Paesaggi) hanno
questi versi un sommesso accordo col destino, anche se in alcuni passaggi
esplodono a dominare il momento, come a volerlo fermare per essere meglio
ricordato.
Ha voce dolce l’autrice, quasi di chi ha sperato fino
all’ultimo che le situazioni andassero in maniera differente, sfociante in voce
di donna che cresce man mano nella consapevolezza del mutare del suo ruolo e
dell’oggetto del suo amore. Per tutto il testo si avverte e si è partecipi di un
cambiamento, come se la poesia fosse servita a rallentare il giorno per
prenderne maggior coscienza, per acquisire maggiore forza per il passo
successivo; come se il non rivelato, ma lasciato sottinteso accaduto, di cui
sono permeate le pagine, pur non cercato fosse poi risultato necessario. È una
poesia che non si abbandona a smielature o a sentimentalismi stucchevoli; anzi,
conosce bene l’opposto e quel “noi” che spesso si legge ha toni mischiati tra
chiaroscuri, che tanto hanno saputo dare a questi versi.
Uno sguardo particolare merita – indubbiamente per gusto
personale – il componimento che esordisce con il verso “Mi chiamano Claire e
sono un manichino” (pag.31) in cui l’autrice sovrappone la condizione umana del
sentire e dei sentimenti e quella inanimata del materiale di cui è fatto il
protagonista e le sue differenti utilizzazioni; quasi una metafora della
condizione della donna \ uomo moderni costretti alla produttività \ alienazione
da leggi di mercato e della stessa società, vittime di un sistema che mette al
bando il cuore, in un silenzio imposto dalle condizioni esterne contro cui non
ci si può ribellare.
“[…] Rimane la mappa dei tuoi nei come unico cielo,
rimane caparbiamente, sebbene la ragione tenti di affievolire ogni bagliore a
quelle stelle. \ Così ti scrivo prima che faccia del tutto giorno. \ Prima che
una raffica muti le geografie di questo orlo” (dall’Introduzione)
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Recensione |
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