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Il carnevale degli uomini (dell'amore e della morte)

Il sasso nello stagno

Ha compiuto da poco un anno, l’ultima silloge di Alfonso Graziano, nato a Foggia negli anni Sessanta, Il carnevale degli uomini (dell’amore e della morte), che subito in copertina riporta alcuni versi dell’autore stesso sul silenzio e sul mare, ovvero l’introspezione e la vastità, in un duale che tutto si ritrova nelle liriche che compongono il libro. Ma anche il sottotitolo “dell’amore e della morte” rimanda ad una realtà duplice, alta materia della miglior tradizione poetica classica, ad una doppia visione della vita attraverso l’oggetto amato, che diviene momento di autoanalisi e confronto. Leggendo le poesie di Alfonso Graziano s’incontrano domande, dubbi, realtà, in un clima di romanticismo e razionalità, senso dello spazio dilatato, come quello della sua terra di Capitanata, con un Io che per la gran parte dei versi procede per negazioni e nel dispiegarsi del testo poetico il punto di vista muta fino ad affermare in chiusura il contrario di quanto detto in apertura.

Scorrendo le pagine de Il carnevale degli uomini (dell’amore e della morte) si notano due diversi modi di lasciare traccia sullo spazio bianco: alcune poesie hanno un rigo bianco tra un verso ed il successivo, mentre altri testi sono scritti con spazio ridotto tra un rigo e l’altro; non sappiamo, se questo sia una scelta puramente casuale o di necessità tipografica, ma è piacevole contemplare questa scelta come un aprirsi e chiudersi del discorso poetico che ben si raccorda al silenzio e al mare di cui in copertina e in apertura, un respiro necessario alla sopravvivenza nel grande clangore del metaforico rito carnascialesco dell’esistenza.

La silloge, le cui varie poesie sono contraddistinte da un numero romano progressivo - scelta che rimanda alla tradizione classica - dopo aver parlato di Eros e Thanatos (ogni uomo desidera la felicità, ma i limiti imposti dalla natura e dalla società spesso gli impediscono di raggiungere la meta, come spiegava Freud), il poeta abbandona la dimensione personale per evadere verso il tema sociale con l’ultima poesia intitolata “Un’altra storia” e che narra della vita di Ahmed, di anni dieci, uno dei tanti figli del dramma dell’incontro-scontro delle civiltà d’Oriente e d’Occidente, che ho letto come presagio, forse, di un prossimo lavoro in cui Alfonso Graziano approderà con la sua suadente capacità poetica ad altri temi.

II (pag.11)

Era solo inchiostro
la nebulosa.

Parole sporcate
deluse.

E sgocciolando sul bianco
si tinsero.

XLIX (pag.62)

Alla pioggia si risponde col silenzio.

Si scava dentro

la goccia il suo tormento.

Il volto, il bacio estremo,

il muto abbraccio di una stella

…alla pioggia si risponde nel silenzio.

Recensione
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