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Qualcuno si ricorderà di noi
il sasso nello stagno
Qualcuno si ricorderà di noi di Alessia Pizzi (teatro di poesia), ottobre 2020; corto teatrale sulle figure
storiche di Saffo, Erinna, Anite e Nosside, poetesse dell’antica Grecia in
colloquio con Google, motore di ricerca dell’era digitale, come si legge nel
sito dell’editore insieme ad un estratto della Introduzione di Antonella Rizzo)
prende le mosse da un verso di Saffo, come la stessa autrice rammenta nella sua
premessa, nella quale si presenta – romana, classe 1988 – e presenta il lavoro,
che ha portato alla stesura di questo piacevole, originale e godibilissimo
testo. Alessia Pizzi è laureata in Filologia classica, ma è ben lontana
dall’aggiungere polvere all’idea che in tanti hanno di un mestiere come il suo;
tutt’altro. L’autrice, con una verve non indifferente ed un entusiasmo
notevole, presta la sua penna e la sua creatività alla realizzazione di un’opera
meritevole non solo di essere ricordata, come auspica il titolo, ma anche
diffusa.
Il pretesto è un incontro paradossale tra quattro poetesse
classiche greche e il nostro beneamato Google, voce fuoricampo, che subito si
vanta di essere il motore di ricerca più usato al mondo, gettando subito le
protagoniste in un momento di confusione. L’impianto scenico è gradevolissimo:
un crescendo a ritroso, che parte dalla presenza di lapidi in campo, per
giungere alla personificazione carnale delle poetesse, mentre il caro
interlocutore cibernetico man mano scompare dall’attenzione del lettore, che
viene preso, a metà dell’opera, dal messaggio forte e chiaro che l’autrice dà:
le donne, da sempre messe da parte, hanno oggi la possibilità di riscattarsi da
ogni forma di violenza subita – dalla censura dell’intelligenza e della
scrittura, alla violenza fisica – mettendo fuori la voce.
Tecnicamente il libro è una piece teatrale, un atto
unico scritto tra serio e faceto, senza mai venir meno all’attendibilità storica
dei fatti narrati, frutto serissimo degli studi dell’autrice, scritta in
dialoghi teatrali inframezzati da componimenti poetici atti a sottolineare ora
il pensiero ora la poetica delle protagoniste, sulle quali, spicca la figura di
Saffo non tanto per grandezza tra pari – mi si passi l’espressione; Saffo non è
più brava, né Erinna, Anite e Nosside sono meno brave – quanto piuttosto, per la
sua posizione di saggezza nei confronti delle altre e per il suo ruolo di
motrice, che invita e sprona le sue “colleghe” a mettere fuori la voce, in virtù
di quella sorta di “fortuna”, che le è toccata, quella di non essere dimenticata
del tutto, che meno benevola è stata con tante altre.
Un’opera, questa di Alessia Pizzi, che sicuramente ha il
grande merito di aver riportato alla luce figure femminili – con tutte le
difficoltà del caso, oggigiorno non ancora risolte – dell’età classica obliate
per diverse ragioni e meritevoli, invece, di un posto d’onore per l’audacia, la
passione e la creatività in un’epoca – non ancora terminata – di assoluto
dominio maschile, ma che ha anche il merito, non da poco, di aver innestato
antico e nuovo senza togliere meriti, né esaltando fuori luogo, a nessuna delle
due parti, ma creando un ponte utile per la costruzione di un futuro più
accettabile. L’autrice si pone, quindi, come trade d’union, come
collegamento, che non manca di esprimere il suo fermo punto di vista, iniziando
il lettore alla visione non stereotipata di alcune realtà letterarie. La poesia
è una componente non in primissimo piano; il protagonista del libro è il
pensiero dell’autrice sulle scritture e sulle protagoniste femminili
dimenticate, come recita la dedica in apertura libro. Ma, d’altronde, come la
stessa Saffo afferma, nel suo verso che dà il titolo al libro, la Poesia sa a
priori che sarà materia futura, oltre il trascorrere del tempo e la
dimenticanza, mentre è giustissimo che si ricordi che per troppo tempo le donne
sono state volutamente dimenticate e azzerate (volutamente non apro la
discussione a riguardo, ma ci sarebbe davvero tanto da dire e da scrivere).
Il linguaggio di Alessia Pizzi, laddove non riporta i versi
delle poetesse, è assolutamente aderente alla sua generazione, con espressioni
volutamente usate per meglio evidenziare il divario temporale tra le parti;
un’operazione che non poteva sfuggire ad una filologa, che ha ben rappresentato
l’evoluzione della lingua in poche e centralissime pagine, regalando al lettore
un libro e al contempo un manifesto sulla difesa della femminilità e dei suoi
sacrosanti diritti, supportata da una validissima introduzione e da una editrice
conosciuta per il suo impegno in questo campo.
[immagine per gentile concessione dell’autrice e
dell’editore]
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