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La consuetudine senza tempo alla poesia, consuetudine caratterizzata anche da solitudine silenziosa, è all’origine del titolo della raccolta poetica Codice segreto, opera prima, cui seguiranno nell’arco di un decennio: le raccolte di poesie Cartografia (2004), Ascolto (2006), Morte annunciata (2010) e i libri di letteratura giovanile Pupattola (2003), Mammy viene dal cielo (2006). Essa può ben considerarsi come canto di luoghi e tempi dell’adolescenza, assunti a pretesto della forza inventiva, affabulatoria e fantastica dell’autrice che, partendo da un particolare scolpito nel suo io più profondo, ama volare tra cortei di immagini che si generano vicendevolmente, tragittandoci in un’età edenica, nell’età dell’oro tanto celebrata dai poeti antichi, dove non c’è posto per il male né per i sentimenti confliggenti. I luoghi sono quasi sempre quelli siciliani, con un richiamo costante alle isole del mito, parlo delle Eolie, divenute isole del sogno, della bellezza che non muta, dell’armonia del creato, ma non mancano richiami a luoghi del Nord, avvolti nella nebbia. Risalta già in quest’opera prima la calliditas dell’artista, intendiamo la capacità di creare immagini vive non solo attraverso un lessico selezionato, fatto di termini comuni, attingendo anche a quelli della tradizione classica greco-romana oltre a quella nostra, ma sfruttando anche il ritmo di versi brevi distribuiti in strofe ora brevi ora lunghe. E’ certo presente anche l’eco dei simbolisti sia per l’accumularsi delle immagini che per la ricerca di effetti sonori che ora si fanno musica, ora sormontano. Un sussulto spezza la quiete ancestrale della natura quando nella lirica “Inquadratura” un mostro moderno violenta il paesaggio
ma subito ritorna l’immagine rasserenante del pescatore che prono su una piccola barca, alla luce di una lampada, pesca, ripetendo antichi gesti
Con tecnica antitetica in “Natale in Sicilia” all’immagine gioiosa del Natale, forse più esteriore che intima, fa da contrasto l’ultima strofa che in quattro quinari sciolti, ma con una scansione ritmica ben precisa, ci richiama a ben altra spiritualità, a ben altre, dolorose, immagini
Per questa via possiamo avvicinarci alle due poesie poste quasi al centro della raccolta dedicata ai genitori (a cui è dedicata la raccolta intera): sono Ritratto di mio padre da vecchio e Pendola. Esse suonano diverse, denotano un’intimità insolita, evidenziano situazioni familiari liricamente cantate, che non hanno bisogno di voli pindarici, di immagini di derivazione letteraria, ma si sostanziano e si nutrono di sapori, odori, sensazioni, gesti ripetitivi, trasfigurati in presenze armoniche della natura; sono poesie costruite simmetricamente: tre strofe e l’ultima di esse rispettivamente con l’immagine del padre e della madre, diversamente rappresentate, felicemente condotte ed emotivamente partecipate
Alcune immagini di queste due poesie ritornano in un’altra che immediatamente le precede, costituendo, per così dire, un trittico. E’ Braciere, una lirica di un quadretto familiare che sa d’antico, nella quale le persone non sono raffigurate, ma se ne immagina la presenza. Il braciere acceso richiama analogamente, con grande naturalezza l’arancia notturna, mentre i vapori di panni rimandano all’odore di panni di Pendola.
Arancia notturna
Su pedana di legno Una condizione di vita familiare forse modesta ma decorosa si fa canto nostalgico e ideale di vita in perfetta simbiosi con l’armonia della natura. Altrove l’aura simbolista con le sue immagini autogenerantisi e con la volontà di trasformare i versi in suoni è percepibile in tutta la sua evidenza, come nelle prime due poesie Dialogo e Segni dove il termine segni in entrambe presenti, può essere assunto a segno distintivo della poesia simbolista e decadente,
mentre l’ultima poesia della raccolta Volo ci riporta al gusto, al piacere dell’autrice di lasciarsi andare alla sua fantasticheria e nello stesso tempo approdare alle sue isole del sogno, si tratti di Stromboli e la sciara di lava che nel mare s’accascia, o di Lipari l’isola lattea di pomice – “Delfini” –, intorno a cui Il mare appena sciabordava / smerli di spume / batuffoli di pomice / scaglie di vetri./ – “Il pelargonium azzurro” –, o sulla quale s’innalza montagna /nevosa di pomice / la cui estrazione è stata (e or non è più) fonte di benessere per gli abitanti, come ci ricorda la poesia Tre alberi in cui è rappresentata la nave “esportatrice di pomice”. Se, infine, vogliamo dare ancora uno sguardo agli aspetti formali di quest’opera, che è opera prima, come già detto, e frutto di un non breve periodo temporale – così ci pare –, diciamo che essa è attraversata da un entusiasmo giovanile – e non poteva essere diversamente –, che talora porta ad un ricorso non necessitato di espedienti retorici – anafore, onomatopee, giochi verbali ed altro – e talora sembra suscitare un senso di frammentarietà, tuttavia, ciò premesso, siamo convinti che siamo in presenza di un lavoro che si fa apprezzare per quell’evocazione tutta speciale di luoghi e tempi dell’adolescenza che assumono i caratteri insostituibili e armonici di un’età felice dove si integrano perfettamente l’opera dell’uomo e le forze della natura, che rimandano alla visione di francescana armonia e allo stesso tempo dobbiamo concludere che artisticamente in tutta la raccolta poetica c’è un elemento unificante che è costituito dall’unità di stile e dall’unità di ispirazione, dal ricordo nostalgico di alcuni dati dell’esperienza e dall’immagine di una natura integra perfettamente fusi e perfettamente convergenti in direzione di una rappresentazione dell’uomo e della natura che più non ci appartiene. |
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