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Topos frequente nella letteratura di ogni tempo, la figura del poeta viaggiatore è psicologicamente riconducibile al suo status di perenne esiliato nei luoghi disabitati dallo spirito. Se il viaggio è per l'umanità metafora della vita, per i poeti lo è in forma centuplicata. Il poeta, ad ogni latitudine straniero, persona di frontiera destinata a patire l'assenza di una patria vera, ossia l'altrove della bellezza e della grazia, paradiso perduto o Eldorado sognato, vive il viaggio anche in maniera funzionale al-l'arte: attraverso il viaggio egli raccoglie immagini, oltre a sperimentare, almeno nella sospensione delle categorie spaziali e temporali di un tirannico qui e ora, la dimensione di quell'altrove che altrimenti gli viene negata.

Il libro curato da Raffaella Bettiol, Il mio bicchiere da viaggio, riunisce Otto poeti italiani di oggi, come specifica il sottotitolo: Silvio Ramat, Giuseppe Conte, Roberto Mussapi, Umberto Piersanti, Paolo Ruffilli, Valerio Magrelli, Milo De Angelis, Antonella Anedda. In un'ampia introduzione la curatrice, indagando il particolare significato che il tema del viaggio assume nella poesia degli autori prescelti, traccia l'itinerario del libro e ne rivela la mappa coerente. Partendo da molto lontano, dall'Ulisse omerico e da quello dantesco, attraversando il mito del Grand Tour. e poi Byron e Shelley, Keats e Hölderlin, per giungere al viaggio metropolitano e inquieto di Baudelaire e al deragliamento ebbro del battello-Rimbaud. In ambito nazionale tappe obbligate di questo viaggio preliminare sono il Campana orfico, Ungaretti, il Luzi di Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini.

Tra gli otto poeti prescelti, innanzitutto Silvio Ramat: con la sua poesia che è diario di bordo intelligente e sentimentale: sono viaggi aerei, ma anche sull'acqua o semplici passeggiate a stimolare quella "voglia di memoria" che vuol dire vita vissuta o desiderio di vita, capacità di portarsi con gambe leggere nelle occasioni stimolanti, nel cuore delle cose. Alla sorgente: dove la poesia è più naturale e più semplice. In una campagna che risuona per il poeta, il solo in grado di sentirne il canto, di gustarne i frutti; e poi Heathrow, Greenwich, New York, Atene, Colonia, Norimberga, l'Irlanda, Chiaroprato, e l'Istria mai vista, sognata. E sempre il desiderio di mettere ali, per non mancare l'appuntamento con l'angelo. Tempestiva risponde la vita al poema intempestivo di chi attraversa i meridiani, spinto verso poco noti confini.

Per Giuseppe Conte il viaggio, in Argolide o sul Rio Grande, a Santa Fe o in Inghilterra, è sempre senza ritorno, una traversata verso Dio. Il poeta viaggiatore compie un'esperienza panica mosso dall'urgenza di superare i limiti umani recuperando il senso del sacro per ritrovare il mito, l'energia e la vitalità suscitata dal passaggio di Ermes, che l'Occidente mostra di avere perduto.

La poesia di Roberto Mussapi, che già dal titolo del '90, Gita meridiana, denuncia la sua vocazione itinerante, rivela le sue luminose visioni su uno sfondo buio. Raffaella Bettiol sottolinea il valore epifanico che soprattutto si manifesta nel contrasto tra buio e luce, fra passato e presente, nell'epica visionaria del poema Antartide, ambientato tra i ghiacci del Polo Sud. Fino all'appassionato inedito Parole del tuffatore di Paestum, nel quale è l'anima del padre a parlare al figlio e lo invita a vivere intensamente, consegnandogli quale unica certezza la possibilità di amare eternamente.

Dell'opera di Umberto Piersanti viene sottolineato il carattere onirico e memoriale: la sua poesia è via di fuga dal tempo presente. Il viaggio per l'altrove spazio-temporale si orienta verso la natura e verso I'arte alla ricerca dell'attimo perfetto. Ma ricorrono delusi ritorni: i luoghi magici sono persi per sempre e la normalità trionfa.

La poesia di Paolo Ruffilli emana talvolta un'amara ironia sentenziosa e sapienziale che assume la stazione e il viaggio su rotaie a perfetti emblemi delle situazioni della vita umana. Viaggio e passaggio di un io che parte soltanto per ritornare, conscio però della necessità di perdersi per potersi ritrovare. Il continuo viaggiare non produce un reale avanzamento: "non si avvicina | di una spanna"; con tutto questo gran viaggiare non si arriva da nessuna pane. Contando che c'è il rischio di scendere alla stazione sbagliata.

Viaggio traumatico e quello descritto da Valerio Magrelli: un viaggio nel tempo e nella storia, sia che si tratti della Germania o della Roma dai nomi più mefitici e infernali. Anche nei testi qui antologizzati si registra il primato dello sguardo: razionale strumento di percezione metaforica della realtà. Una visione, la sua, come osserva la curatrice, investita da una luce atemporale e metafisica di un De Chirico o di un Magritte.

La poesia di Milo De Angelis è un elogio della resistenza del cammino verso un luogo o della persistenza in un luogo, fosse la periferia più nebbiosa e brinata. Ma è dove è racchiuso il fiore delle origini che si vuole rimanere o tornare perché una biografia si compia, per ristabilire l'armonia iniziale, perché presenza e sentimento coincidano. Versi, i suoi, intrisi di spirito e di cose, del coraggioso perseverare che fa mantenere una fede, una memoria, un amore; che fa intravedere una luce e un destino.

Immobili nel gelo sono le Residenze invernali di Antonella Anedda, attirata dal sogno della Russia, così affine alla sua Sardegna: "verste da percorrere a ritroso", alla ricerca dell'origine. Lo sguardo è lancinante, febbrile, lontano dalle cose, consapevole che non esistono specole da cui guardare per dare voce e forma a questo andare spesso allucinato e senza tregua. Eppure la minima luce coraggiosa della poesia fa intuire il grande splendore.

All'interno della parola si compie il destino dei poeti. La poesia è il hicchiere da viaggio, risorsa intima e fedele compagnia.

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