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Misticismo ed erotismo: echi danteschi nella visione di Veniero Scarselli
Considerando le terzine dantesche che lo stesso Veniero Scarselli ha
scelto come epigrafe al suo poema Straordinario accaduto a un ordinario
collezionista di orologi (Campanotto Editore 1995), sembrerebbe addirittura
ovvio parlare di ispirazione dantesca; e qualcuno dei critici l'ha anche
accennato. Ma nessuno ha cercato di approfondire questa traccia per vedere dove
e fino a che punto portava. Ora, sulla base di lettere, interviste e documenti
vari messimi a disposizione dall'Autore e di conversazioni con lui avute circa
la sua educazione umanistica pre-scientifica, mi sembra di poter delineare
un'interpretazione molto più definita del poema di quanto finora sia stato fatto
dai molti autori che si sono cimentati con quest'opera.
Nelle più diverse interviste Scarselli non ha mai mancato di
dichiarare quanto egli abbia amato Dante e Leopardi. A proposito di Dante, così
egli scrive a Vittorio Cozzoli, un originale poeta e dantista autore di un
interessante Dante anagogico (Solfanelli Editore, 1993): "Devo ringraziarti...
per avermi dato l'occasione, ripensando e rivivendo la mia lettura giovanile di
Dante, di acquistare nuova consapevolezza di quanto profondamente essa mi abbia
influenzato... e continui a manifestarsi in ciò che scrivo, nonostante io tenti
(invano) di mascherarla a me stesso, forse per una sorta di pudore dinanzi al
nostro Grande". Ecco dunque che le terzine del Paradiso poste ad epigrafe del
libro acquistano un peso molto maggiore di una formale e superficiale citazione;
non sono solo la più o meno esplicita denuncia della fonte d'ispirazione, ma
sono pari pari la dichiarazione di aver resuscitato una sua personale (si badi
bene: personale) interpretazione della Divina Commedia, quella appunto che egli
si era formata al tempo delle giovanili letture. In un altro passo della stessa
lettera, Scarselli mostra di non essere d'accordo con l'interpretazione mistica
della Divina Commedia proposta dall'autore del Dante anagogico: "Anche dopo la
tua rilettura, stento a considerare Dante un mistico che adombra la sua
esperienza nella Commedia: l'ho sempre sentito troppo incrostato di
rappresentazioni terrene e di razionalità scholastica". Questa dunque deve
essere stata la prima e indelebile impressione di Veniero Scarselli ragazzo, già
allora forse non più credente ma portatore di una remota e profonda educazione
religiosa, perfezionata in seguito con volontari e appassionati approfondimenti
teologici, e che già scriveva intensamente poesia e certo era intensamente
innamorato di Dante. In seguito i suoi interessi, pur restando sempre
sostanzialmente metafisici (il suo chiodo fisso era l'anima della materia
vivente), presero una direzione di ricerca solo apparentemente paradossale in
quanto, avendo perso la fiducia nelle certezze confessionali, credeva
ingenuamente che solo la scienza avrebbe potuto aprire uno spiraglio nel mistero
che avvolgeva l'origine e l'essenza degli esseri viventi. Questa sua svolta
dunque non significò affatto l'abbandono dei suoi interessi metafisici: anzi,
egli doveva provare a se stesso se la scienza sarebbe stata in grado di spiegare
la natura della scintilla che animava la materia vivente e la distingueva da
quella inorganica; scintilla, che egli in cuor suo intuiva non poter essere che
divina. Così, il poeta-biologo Scarselli ha impiegato vent'anni della sua vita
sepolto nei laboratori di tutto il mondo per arrivare alla conclusione
dell'inettitudine della scienza.
Ebbene, tornando al suo amore giovanile per Dante, come poteva
apparire la Divina Commedia alla mente di un giovane che si affacciava
prepotentemente alla vita lacerato fra la naturale attrazione per il mondo
fisico dei sensi e il bisogno quasi doloroso di certezze metafisiche che
peraltro la parte razionale di sé rifiutava di accettare? Evidentemente, solo
come la rappresentazione fisica e carnale di un itinerario in salita, nel
tentativo impossibile di raggiungere un'immagine razionale dell'Ineffabile.
Sembra allora molto verosimile che col suo attuale poema Straordinario accaduto
Veniero Scarselli abbia voluto rivisitare la rappresentazione fisica e carnale
di questo itinerario, quale gli si era impressa nella mente fin da ragazzo, e
che poi altro non è che la rappresentazione universale del cammino che da sempre
coinvolge tutti gli uomini nella ricerca mai saziata del Sublime;
rappresentazione che non potrà mai rinunciare a metafore fisiche e carnali, dato
che la mente umana non è altrimenti capace di immaginare l'astrazione.
Ecco dunque come anche l'apparizione miracolosa dell'organo femminile
in tutto il suo splendore sacrale, al culmine del libro, quando il protagonista
è giunto davanti alla soglia dell'Ineffabile (ch'egli è incapace di superare
senza un tramite), lungi da essere l'amaro sberleffo di un miscredente, è invece
il giusto completamento di quella interpretazione fisica e carnale della Divina
Commedia che s'era fatta il giovane Scarselli e che qui chiude coerentemente il
parallelo con essa: l'organo femminile è la chiave, il solo tramite con
l'Ineffabile (vedi, mutatis mutandis, Beatrice per Dante) da cui la nostra
ragione, strutturalmente capace di districare solo immagini di oggetti reali e
concreti di carne, può farsi trasportare. Ma dove? Come? Ecco la straordinaria,
originale invenzione di Scarselli: ancora una volta, il meccanismo del trasporto
può essere solo qualcosa che nell'immaginazione comune, e fin dai tempi più
antichi, è rivestito di una funzione sacrale ed è ritenuto il punto di
transizione fra la carne e lo spirito: l'orgasmo sessuale. Il quale, se vissuto
non banalmente o volgarmente, è delirio, deliquio, annullamento del Sé,
percezione di un'essenza ineffabile. Ed è proprio questo che permette al
protagonista di Straordinario accaduto di varcare la soglia del Divino in una
esperienza che, a chi torna, non sarà mai dato di descrivere con parole umane.
Del resto, non ci sembra affatto casuale che molte estasi si sante e di santi
odorino di trasporto erotico. E neppure ci sembra casuale che anche Dante, per
ascendere alla divina visione, abbia eletto Beatrice – donna di carne e di anima
– come tramite; per quanto egli abbia cercato di angelicarla secondo la moda del
tempo spogliandola il più possibile di attributi sessuali, non è certo riuscito
a distruggerne l'intensa, irriducibile aura di Eros che ella come donna e
femmina conserva nel comune sentire degli uomini. Ancora una volta dunque è
l'Eros il tramite per poter accogliere il Divino.
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Recensione |
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