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Acque torbide
Spesso sentiamo accompagnare alcune
forme di espressione artistica con l’attributo “civile”. Teatro civile, cinema
civile, letteratura civile. Verrebbe facile ironizzare a tal proposito,
sentenziando come sia da qualificare incivile la sola forma artistica che tale
non sia, dacché qualsiasi espressione della creatività umana degna di nota
svolge una funzione civile. Sposiamo questa argomentazione, e tuttavia nel caso
di Monica Florio non possiamo negare che l’impegno costante a trasmettere,
attraverso i propri libri, un messaggio di crescita e responsabilizzazione etica
costituisca un elemento fondante e qualificante.
Nel romanzo in questione i temi
trattati dall’autrice sono ancora una volta, come nel precedente romanzo, “La
rivincita di Tommy”, dove sceglie come protagonista un ragazzo vittima del bullismo.
Se nel caso del precedente romanzo si trattava di omofobia, in questo è nella
corporatura di Michele, questo il nome del protagonista, la ragione dello
scherno.
In questo romanzo,
tuttavia, il riscatto del protagonista rileva da subito e si conferma di pagina
in pagina, quasi a far dimenticare il tema della sua emarginazione, in ragione
di una ulteriore e prevalente istanza che nasce dallo svolgimento del plot
narrativo. Michele, infatti, assume su di sé la responsabilità di salvaguardare
la sorella Valentina, una ragazzina di quindici anni, dalle attenzioni
sentimentali e fisiche del suo insegnante di nuoto, ovviamente adulto.
È quindi sul confine
sottile e rischioso tra sentimento tra differenti età e pedofilia che la Florio
conduce il lettore di questo libro, scritto per essere letto anche da
adolescenti, senza mai suscitare scandalo ma ponendo la dovuta enfasi e
riscuotendo la dovuta attenzione su temi tanto sensibili. Un libro forte ed
educativo al tempo stesso, che apre alla riflessione e al confronto.
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Recensione |
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