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Alessia

Alessia è presumibilmente una donna reale, ma al tempo stesso è una donna angelicata, di derivazione dantesca - laddove la poesia di Piazza tende verso una visione sublimata del sentimento (che apre a ulteriori prospettive) - o di stampo petrarchesco (laddove è l’amore fisico a prevalere). Ed infine è un mantra, che scardina il corso lineare del tempo.

La scrittura questo può: nel trascorrere del tempo, eternare il simbolo. L’anno prescelto è il 1984, spesso richiamato, così come la terra che accoglie l’incanto: Napoli. Se Alessia è la gioventù, Giovanni è la promessa d’amore che continuamente si rinnova nell’amplesso, consumato in ogni dove. Le azioni, anche i gesti più consueti, assumono valenza metaforica e addirittura, come il coro di una tragedia greca, è assegnato al verso di volatili il presagio: “attenzione!” spesso ripetuto a conclusione del testo. Ma a cosa? Si direbbe al tempo stesso, alla distanza che può porre tra noi e il sogno. E allora immergiamoci nel linguaggio del poeta, acqua “amniotica” e “Mediterraneo di parole”.

Il verso di Piazza raramente supera l’endecasillabo: un raffinato utilizzo dell’ellissi, un frequente ricorso alla prolessi e una sapienza ritmica non comune fanno sì che la lettura si assimili ad una modulazione mai piana, seppure ragionata, quasi a seguire il pensiero poetante man mano che questo si manifesta.

Alessia è anche una lente attraverso cui mettere a fuoco luoghi e età che vengono restituiti al lettore venati da una sottile nostalgia che come un’ombra alla luce del sole lentamente abbandona la scrittura quando la vita di Alessia si approssima all’età adulta, perdendo la distanza aurea che ne faceva muovere i passi su una sorta di orizzonte emotivo. Tuttavia, pur affiorando una struttura diaristica che ambisce a seguire il percorso esistenziale della protagonista, questa rimane prevalentemente inquadrata nel momento in cui maggiormente sviene marcato il simbolo che essa stessa incarna: la gioventù, appunto. L’amore.

E Alessia è anche sintesi. Dicevamo di amor sacro (dantesco) e amor profano (per così dire, petrarchesco). L’eros come manifestazione d’amore diviene sacro, gradiente angelico della sensualità e inclinazione fisica dell’amor platonico.

Sarà sempre Napoli, sarà sempre 1984, perché così è scritto. E sempre Alessia e Giovanni faranno l’amore, perché così ci piace sognare la gioventù.

Recensione
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