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Andar per versi
“Andare per
versi” confessa un’intenzione, un mezzo, un complemento: moto a / moto da. Ma il
luogo? È l’amore quel luogo?
Quattro sezioni,
quattro campi sui quali liberamente spaziare. Dall’amore passionale a quello
filiale, dalla liberazione (presunta, perché “Non c’è nulla da fare / ritorna
sempre, ancora, / qui appiccicato a me, / camuffato da finto addio.”) dal
vincolo del sentimento al ripiegamento su se stessi, al rimpianto per l’amore
ormai lontano, eppure mai rassegnati alla stasi: “E malamente continuo. /
Questo andare infinito.”.
Lo sguardo dell’autrice indaga all’interno dell’animo e si proietta verso
l’esterno, in una dinamica di movimento, come il titolo chiaramente suggerisce.
È proprio il nomadismo emozionale, che poi non è altro che curiosità per
l’esistenza, che sta alle radici della poetica di Riscica: “Non
cerco ma vorrei trovare. /
Non spero ma desidero.”.
Andar per versi significa anche incappare nella poesia quando meno te l’aspetti,
e doverne lasciare traccia, evidentemente, o
quantomeno seguirne il richiamo: “Oggi l’aria fredda del mattino mi
bagna le narici, / mi strizza gli occhi. Accelero il passo - gioia improvvisa - /
un piede dopo l’altro, sempre più veloce, più veloce,
/ ho tanta voglia di correre accanto alla poesia.”.
In assenza di un fine predeterminato, la mappatura di quest’opera non è da
individuare in un percorso lineare, bensì in una sorta
di mosaico del quale ammirare i cromatismi più che le geometrie.
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Recensione |
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