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Ascesa all’ombelico di Dio
utto quello che Dante non sapeva ma che voi vorreste sapere

In quest’opera Veniero Scarselli compie un viaggio nella propria coscienza interiore, nel tentativo di rispondere attraverso la poesia a quelle domande che identificano nel rapporto tra umano e divino la primordiale necessità del sapere.

Un tentativo che molti hanno già compiuto, primo fra tutti il Sommo Poeta Dante Alighieri che nella Commedia offre risposta all’incessante smarrimento umano introducendo il concetto di una consistenza divina diffusa in ogni ambito della storia umana, principio e necessità della stessa vita.

Veniero Scarselli, alla luce della nuova biologia e delle scoperte dei secoli più recenti, cerca di coniugare l’esigenza della ricerca mistica con il dogma scientifico, indagando con ironia sottile – ma senza facile saccenza – le varie possibilità dialettiche che fornisce un viaggio altrettanto allegorico nei meandri di un metafisico contemporaneo, tracciato alla maniera della Commedia ma ribaltato nella sua immagine univoca di assoluta esattezza e perfezione. Si potrebbe dire che il Dio di Veniero Scarselli ( e parimenti il suo “ombelico”) sia un Dio “imperfetto” , creatore di materia dissolubile e fragile, talmente labile da corrompersi nella stesso viaggio di conoscenza verso il divino suo progenitore. In qualche modo, sembra suggerirci l’autore, Dio rimane solo quanto l’uomo, incapace di generare una vera, superiore unione che travalichi l’essenza stessa della corporeità e del suo inevitabile disfacimento . Una conclusione paradossale dell’approccio mistico che Veniero Scarselli maneggia con la maestria di chi la sa talmente lunga da introdursi dialetticamente in un cammino che ci ricorda le peripezie sognanti di Alice nel paese delle meraviglie, anche lei a caccia di verità ma costretta a svegliarsi e a tornare “terrena” prima del compimento del suo viaggio. “L’Ultima conoscenza non è ultima | secondo il fittizio orologio | del suo tempo mortale ma soltanto | perché dopo non v’è alcun’altra cosa | da conoscere né in terra né in cielo”: una regola che solo la poesia ha la possibilità di superare, per interloquire con il mistero e gli inevitabili interrogativi che contiene.

Recensione
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