Dopo l’estate
Pare che per
Bettelli la poesia sia forma sublimata di riflessione, condensazione e emersione
di quanto dal quotidiano residui di maggior pregio ovvero, e per meglio dire, di
maggior pregnanza.
Potremmo
azzardare quale definizione per questo volume: una sorta d diario della
percezione. Ovviamente se percezione può essere intesa nella più ampia accezione
di significati.
Ecco che
troviamo la percezione filtrata dallo spettro del ricordo e della nostalgia: “sai
le biciclette / ne facevamo una piantata / l’una all’altre abbarbicata / in
piedi / dritte / posteggio della stazione / anni sessanta / poche lire
l’abbonamento / ma che fatica darle / a quel poverocisto che la pensione
arrotondava / noi che la domenica o il cinema o l’aranciata”.
O ancora
l’istanza “erotica”, che trova nell’immediatezza un’icastica efficacia, unendo
semplicità ed eleganza nel disegno chiasmico che l’autore - quasi con noncuranza
- dispone sulla pagina: “voglio il mio corpo e le mie mani / non l’ali / per
il tuo corpo e le tue mani”.
Una certa
propensione al gioco allitterante conferisce preziosità ad un linguaggio che
comunque rimane nel solco del parlato: “alto a sudovest rione / l’orsa a
nordest s’oppone / promette gelo la notte”.
L’urgenza
espressiva non risparmia il sarcasmo o la notazione etica: “il tiranno è uno
come noi che / pretendiamo imporre le nostre convinzioni / contro quelle degli
altri / a spada tratta / ma la sua spada è vera”; e anche - ad esempio - “promozione
per i colonnelli / gloria per i generarli / ai soldati per campare / e la gente?
/ beh la gente muore”, quasi a significare che la poesia non conosce
restrizioni, se non quelle proprie della forma.
E in tal senso
merita un’ultima considerazione la scrittura di Bettelli, qualificandosi senza
dubbio come espressione di una ricerca matura sia sotto il profilo della metrica
che dell’equilibrio retorico, con l’ulteriore pregio della semplicità del
linguaggio di cui già si è accennato.
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