Geografia interiore
La Geografia interiore di
Giovanni Stato è un’opera che trasmette al lettore la sensazione di un riscatto
cercato attraverso un percorso fatto di conoscenza, e profondo viaggio
all’interno del proprio io.
Le mappe intime dell’autore
sono infatti quegli spaccati di vita e sensazioni che costituiscono il punto di
contatto tra presente e passato, tra memoria e immaginario, al cospetto di una
eternità che si rende insieme, in ogni momento, tangibile ed illusoria.
Porto con me le assenze /
e le riempio con sogni d’eterno / con i sensi che entrano / negli occhi come un
tocco: la percezione della propria
ricerca si idealizza per Giovanni Stato nell’accettare il continuo fluire di
quelle sensazioni, che illudono e stordiscono più che svelare i reali motivi che
muovono l’esistente, dandoci così l’impressione (illusoria?) del mutare del
tempo.
Da una parte l’autore è
conscio che tutto è già qui, ovvero che ogni mistero è racchiuso attorno
a ciò che ci circonda, senza bisogno di frugare lontano; d’altro canto, il
bisogno naturale dell’uomo è quello di varcare i confini dell’inconoscibile,
alla ricerca di una verità finalmente svelata.
Giovanni Stato esprime bene
questo tormento affrontato come autore, in questi intensi versi: l’uomo con
la penna in mano / scrive / nell’attesa di un cielo.
Ed il cielo dell’autore non
è metafisico ma tangibile, anche se lui stesso si augura di percepirlo al di là
della esperienza terrena: ch’io possa / con voi cadere, / dissolvendomi fra i
fiori / non per morire / ma per vivere oltre / il visibile / della terra.
Un percorso da rinnovare,
instancabile e sempre teso a cogliere finalmente quella impronta
necessaria a trovare un nuovo significato, in un altro viaggio.
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