I nostri giorni perfetti
“Nel silenzio si disegna il luogo, il passato/Un
ascolto, una voce”: in questi pochi versi si delinea la poetica di Francesco
Piemonte, che in questa silloge esprime in testi brevi e intensi un immaginario
vivido e profondo, a confronto diretto con il quotidiano e con gli aspetti più
labili e insieme più imperscrutabili dell’esistenza.
“La memoria non salva. Satura.” dice l’autore in un altro
passaggio dell’opera; eppure è proprio sul filo della memoria che Francesco
Piemonte argomenta il mondo d’attorno, il paesaggio spesso sfuggente, le tracce
logore di un tempo apparentemente impassibile, indifferente ad ogni pretesa
umana di afferrarlo, per renderlo finalmente permeabile ai propri sogni, e alle
proprie azioni.
Nella realtà urbana delle periferie cittadine, incompiute e
senza speranza, si annida la ricerca quasi ironica di quei “giorni perfetti” che
danno il titolo alla silloge: lunghi percorsi senza scopo, metafora di una
esistenza terrena quasi rassegnata alla sua incompiutezza.
“Conosciamo come declina il senso / incertezza unica
ragione”, dice Francesco Piemonte, arrendendosi a questa umana, troppo umana
incapacità di dipanare anche solo qualche certezza, sia nel caotico mondo
contemporaneo, sia nel passato proposto dalla memoria.
Eppure, le descrizioni dell’autore serrano con immediatezza
le immagini casuali di ogni momento vissuto, e danno al lettore la sensazione
che la costruzione di un proprio universo interiore possa dare origine ad una
nuova conoscenza, un nuovo modo di sentire e percepire le vastità che, nel tempo
e nello spazio, si muovono attorno a noi.
Seppur a volte “estranei a questo presente per difesa”,
la necessità di comprendere continua a farsi largo imperterrita, come il bisogno
del dialogo e del confronto anche con oggetti inanimati e apparentemente minimi
nel loro significato.
Un’urgenza quindi che il poeta non contrasta, ma asseconda,
quella di “farsi nemico di se stesso, armarsi contro / Il pensiero dovrà
vincere il proprio inganno / Sarà gioia una nuova lucidità consapevole.”: il
compimento di un’esistenza “perfetta” in cui l’uomo avrà cessato di credere
solo al proprio delirio di onnipotenza.
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